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Torino, i profughi protestano per il cibo. Ma non scappavano dalla fame?

by Alessandro Della Guglia
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Torino, 16 ago – “Ci fanno solo la pasta, non si può vivere così”. E’ la surreale protesta dei profughi, che in quanto tali ci raccontano di scappare dalla guerra e dalla fame, andata in scena oggi davanti alla Prefettura di Torino. Si lamentano per il cibo, non basta la pasta, vogliono altro. Dopo aver inscenato una manifestazione ad Alpignano, dove sono ospitatati nell’ex hotel Parlapà a spese dei cittadini italiani (lamentavano la mancanza di sedie), oggi un centinaio di cosiddetti migranti ha deciso di alzare il tono della protesta recandosi direttamente alla Prefettura del capoluogo piemontese.

“Chiediamo di poter andare a scuola. Tre ore a settimana non bastano per imparare l’italiano e senza sapere la lingua è impossibile integrarsi”, denunciano i profughi. La struttura di Alpignano ne ospita 339 e nei giorni scorsi avevano inscenato numerose proteste per le quali erano dovuti intervenire anche i carabinieri. L’aspetto però decisamente grottesco della vicenda riguarda la lamentela per il cibo. Addirittura i profughi si lamentano perché nella struttura che li accoglie il “menù è sempre lo stesso”. In pratica chiedono di avere un ristorante a loro disposizione, e a spese degli italiani ovviamente. “Sono mesi che mangiamo solo pasta bianca o al sugo”, hanno detto più volte. Dalla fame sono passati alla pasta al sugo servita gratuitamente, eppure no, a loro non basta.

Hanno anche preparato una lettera da consegnare ai responsabili del progetto di accoglienza in Prefettura in cui chiedono, tra le altre cose, maggiore attenzione alle loro condizioni di salute oltre alla possibilità di essere visitati da dei medici. Ma la protesta è scoppiata per un motivo sempre legato agli alimenti. Secondo i profughi è stato impedito loro di portare all’interno delle camere del cibo che avevano acquistato. E in particolare, accusano la struttura che li accoglie del “sequestro” di una bottiglia di Coca Cola che uno di loro voleva portare in stanza.

Alessandro Della Guglia

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