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Vi spieghiamo perché gli immigrati della Sea Watch devono andare in Olanda

by La Redazione
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Roma, 29 gen – Uno Stato può concedere la sua bandiera solo se esiste un “legame sostanziale” tra la nave ed il suo ordinamento nazionale. Questo è quanto dettato dalla “Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare“.

Ogni nave è quindi soggetta in alto mare (cioè fuori dalle acque territoriali di ogni singolo Stato) alla esclusiva giurisdizione dello Stato del quale porta la bandiera. Nel caso della nave della Ong Sea Watch, la Sea Watch 3 lo Stato di bandiera è l’Olanda.

Un esempio storico è la vicenda della bandiera inglese di San Giorgio, nata dalla concessione che a suo tempo la Repubblica di Genova fece a quei mercanti. Gli inglesi volevano transitare nel Mediterraneo senza essere depredati dai pirati berberi. Ponendo a riva la bandiera genovese passavano sotto la giurisdizione (e la protezione) della “Superba” che evidentemente aveva negoziato il libero transito con quei pirati.

Tornando ai tempi d’oggi, in caso di dubbi o indizi di mancanza di nazionalità di una nave – ovvero di ipotesi di traffici illeciti – le navi da guerra di qualsiasi Stato possono, in forza dei poteri loro assegnati, sottoporre tali navi alla verifica del loro traffico e della loro nazionalità. Se la nave è in difetto, può essere catturata ed il comandante ed il suo equipaggio arrestati.

L’articolo 13 del trattato di Dublino del 2013 prevede che sia lo Stato membro dell’Ue dove è avvenuto il passaggio illegale ad essere competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. In pratica è lo Stato della bandiera della nave responsabile dell’asilo.

Al di là della scellerata norma inserita nelle funzioni dell’operazione Sophia, non esiste una valida e logica ragione per la quale una nave battente bandiera non italiana debba – d’intesa con gli scafisti – scaricarli in Italia. Il primo approdo deve essere inteso la nave che recupera gli immigrati irregolari. Tutte le navi oggi sono normalmente sicure e possono navigare in sicurezza e velocemente anche verso il nord Europa ovvero verso lo Stato di bandiera.

Se una nave non dichiara apertamente la sua nazionalità ovvero se lo Stato di bandiera interpellato non conferma la soggezione di quella nave al suo ordinamento giuridico, quella nave è a tutti gli effetti potenzialmente soggetta ad ispezione in mare. Si tratta di “nave pirata” ed è soggetta all’ordinamento dello Stato della nave da guerra che la cattura.

Le navi Ong sono finanziate secondo un business che incita – se non addirittura, volenti o nolenti, propina – una nuova ed inedita tratta di schiavi.

Negli anni in cui sono stato il Comandante Marittimo per la Sicilia – incarico che ho lasciato di fresco – ho potuto analizzare da vicino l’emergenza sbarchi.
La superficialità e la mancanza di vigilanza da parte dello Stato che concede la bandiera vanno evidenziate e tali Stati redarguiti e multati. Le navi non in regola vanno catturate, gli equipaggi arrestati. L’operazione Sophia ha le funzioni per fare questo.
L’Italia deve imporsi a suon di trattato Onu affinché siano rispettate le regole.

ammiraglio Nicola De Felice

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Vi spieghiamo perché gli immigrati della Sea Watch devono andare in Olanda - AllNews24 29 Gennaio 2019 - 10:08

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