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Oltre un secolo di Alessandria, la piemontese che ha fatto scuola

by Marco Battistini
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alessandria, calcio

Roma, 18 feb – Quando Gianni Brera con la penna rivolta verso il Piemonte scriveva di squadre per “nerbo e bellezza al miglior livello italiano” non si riferiva né alla Juventus né, tantomeno, al Torino. Con queste parole il giornalista lombardo era infatti intento a ricostruire lo stato dell’arte pedatoria ad inizio novecento nel pionieristico Quadrilatero, irregolare poligono geografico posto nella parte orientale della regione sabauda. In particolare, per lo scrittore con la passione del neologismo sportivo, qui dove il pallone offriva “magnifici pretesti a faide collettive e ricorrenti” e si doveva mettere in conto “qualsiasi conseguenza, non escluso il ricovero in ospedale”, ad eccellere era l’Alessandria. Nobile decaduta che proprio oggi compie la bellezza di centoundici anni.

La nascita del Football Club Alessandria

Sebbene l’Unione Ginnastica Forza e Coraggio giocasse già da un anno incontri amichevoli, l’atto ufficiale di nascita del Football Club Alessandria – costola calcistica della sopracitata società – è datato 18 febbraio 1912. Inizialmente biancazzurri, cambiarono presto le divise da gara: nella stagione “d’esordio” infatti Giovanni Maino, locale imprenditore affermatosi nel mondo delle due ruote, donò una muta composta da undici maglie grigie. Proprio come quelle indossate dal Campionissimo Costante Girardengo, primatista di vittorie nei campionati italiani di ciclismo su strada.

La scuola alessandrina

Fu la Gazzetta dello Sport a definire – nel 1914 – Quadrilatero l’area compresa tra Alessandria, Vercelli, Novara e Casale Monferrato. Sempre la rosea fece notare che la tranquillità della vita in queste piccole realtà ben si abbinava con la pratica del pallone. Lontano dalla “tumultuosa e pericolosa vita scapigliata” dei grandi centri, gli atleti spendevano il proprio tempo libero proprio in ulteriori ore di allenamento. Centrale, in tal senso, la figura di Carlo Carcano. Prima giocatore (1913-1924) poi allenatore dell’orso grigio, al tecnico – che si affermerà definitivamente nella Juventus con quattro scudetti consecutivi – si deve il concetto di “scuola alessandrina”.

Riprendendo la lezione di George Arthur Smith – inglese morto durante la Grande Guerra – l’ex mediano della compagine cenerina “contaminò” l’esperienza in panchina con le sue caratteristiche da giocatore. Intelligenza tattica e carattere da vendere incontravano intensi metodi di allenamento, innovativi accorgimenti strategici e gioco di squadra. Insieme a Vittorio Pozzo è considerato l’inventore del Metodo, schema di gioco conosciuto anche come WW.

Una squadra “viva e vitale”

Durante gli anni ‘30 un altro giornalista, Bruno Roghi, riconosceva all’Alessandria la capacità di rimanere se stessa, “viva e vitale”, nonostante le sistematiche cessioni dei suoi giocatori migliori. Qualche anno prima (1926) i grigi si erano aggiudicati la Coppa Coni – una sorta di antenata della Coppa Italia – e, nel 1928, sfiorato lo scudetto. Tricolore sfuggito, a quanto pare, solamente per una brutta storia di corruzione nel derby giocato contro il Casale.

Il lento declino e la rinascita dell’Alessandria

Avendo forzato la mano con le vendite, la squadra inevitabilmente si indebolì. Fino a retrocedere in Serie B. L’Alessandria incontrerà nuovamente la massima serie nazionale in un paio di occasioni solamente nel secondo dopoguerra. Giusto in tempo per far esordire, ancora quindicenne, il futuro pallone d’oro Gianni Rivera. Seguiranno (poche) stagioni cadette e tanta terza serie. Fallita a inizio millennio, la società piemontese torna tra i professionisti nel 2008. Ma nella storia recente il punto più alto gli orsi lo toccano in Coppa Italia.

La semifinale di Coppa Italia

Indimenticabile è infatti la cavalcata grigia nella stagione 2015/16. Una rincorsa iniziata ad agosto, nel primo turno contro l’Altovicentino. Poi le vittoriose sfide ad un altro lato del vecchio Quadrilatero (Pro Vercelli) e alla lontana Juve Stabia. Sorprese le blasonate Palermo e Genoa – entrambe militanti in Serie A – l’Alessandria raggiunge clamorosamente i quarti. Turno dove i piemontesi ribaltano lo Spezia. I liguri, passati in vantaggio con Calaiò, si arrendono alla doppietta di Bocalon, che sigla il punto decisivo a tempo scaduto.

Trentadue anni dopo una compagine di Serie C raggiungeva le semifinali di Coppa Italia. E poco importa se al penultimo atto il Milan, spietato come solo un Diavolo sa essere, fece il suo dovere: anche se solo per pochi mesi gli uomini di Gregucci avevano già fatto rivivere l’antica scuola alessandrina.

Marco Battistini

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