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L’efficacia del vaccino Pfizer? Cala dopo tre mesi. Ecco lo studio

by Alessandro Della Guglia
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Vaccino Pfizer tre mesi, efficacia

Roma, 26 nov – L’efficacia del vaccino Pfizer? Dura molto meno del previsto. E’ quanto emerso dai dati raccolti in Israele dagli esperti del Research Institute of Leumit Health Services e pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal. Era ormai stato accertato, da vari studi precedenti, il diminuire dell’efficacia del vaccino con il passare del tempo. Quanto però rivelato dalla rivista britannica è ancor più allarmante: l’immunizzazione da Pfizer-BioNTech cala infatti dopo i primi novanta giorni. Appena tre mesi dunque, dopodiché si rischia nuovamente di infettarsi.

Vaccino Pfizer, la protezione cala dopo tre mesi

In pratica secondo lo studio pubblicato dal British Medical Journal – citato peraltro ieri da Maurizio Belpietro a Dritto e rovescio – il vaccino di Pfizer garantisce un’elevata protezione dal Covid soltanto nelle settimane successive all’inoculazione, poi lo scudo inizia a calare sensibilmente. Con il rischio di contagio che si verifica peraltro in tutte le classi di età e il tasso di positività dopo la seconda dose del vaccino cresce progressivamente con il passare dei giorni. Nel dettaglio:

• tra i 21 e gli 89 giorni è dell’1,3%
• tra i 90 e i 119 giorni è del 2,4%
• tra i 120 e i 149 giorni è del 4,6%
• tra i 150 e i 179 giorni è del 10,3%
• dopo i 180 giorni è del 15,5%

Uno studio ben poco rassicurante

Lo studio in questione ha coinvolto 80mila adulti con un’età media di 44 anni. Tutte persone che avevano ricevuto la seconda dose del vaccino Pfizer da almeno 21 giorni e nessuna di loro aveva contratto il virus in precedenza. Dunque in tutti i gruppi di età il rischio di infezione risulta: di 2,37 volte più alto dopo 90-119 giorni; di 2,66 volte più alto dopo 120-149 giorni e di 2,82 volte dopo 150-179 giorni. Secondo i ricercatori lo studio potrebbe avere comunque dei limiti, perché ad esempio non prende in considerazione alcuni fattori: il ceppo virale, la densità di popolazione e il numero di persone che abitano nella stessa casa. Resta però tutto tranne che rassicurante.

Alessandro Della Guglia

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