«I migranti che arrivano dalla Libia dichiarano costantemente di aver verificato, prima della partenza, la presenza delle Ong nell’area, spiegando che in assenza delle navi delle Ong nel Mediterraneo, molti rifiutano di partire», si legge in un rapporto di Frontex pubblicato nel 2021. L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ancora una volta, documenta il pull factor prodotto dalle navi delle Ong che operano davanti alle coste libiche: «La presenza delle navi delle Ong soprattutto in navigazione tra Zuara e Zawiya [città libiche a ovest di Tripoli], continua a essere un ulteriore fattore di attrazione».
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di febbraio 2023
Già, nel 2017, l’allora direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, aveva denunciato: «Dobbiamo evitare di sostenere il business delle reti criminali e dei trafficanti in Libia attraverso navi europee [navi delle Ong] che raccolgono migranti sempre più vicino alle coste libiche. Questo porta i trafficanti a forzare ancora più migranti su barche insicure con acqua e carburante insufficienti rispetto agli anni precedenti». Leggeri, inoltre, aveva evidenziato che alcune Ong non cooperavano con le agenzie di sicurezza europee e ciò rendeva «più difficile ottenere informazioni sulle reti dei trafficanti attraverso interviste con i migranti e aprire indagini di polizia».
L’effetto calamita delle Ong
Il pull factor prodotto da navi europee vicine alle coste libiche fu uno dei motivi per il quale l’Unione europea decise di concludere, dopo un solo anno, l’Operazione Mare Nostrum, una missione di salvataggio richiesta nell’ottobre del 2013 dall’allora premier Enrico Letta. La prossimità delle navi militari italiane, infatti, provocavano ingenti partenze di barconi dalla Libia.
Già nel 2016, inoltre, un rapporto di Eunavfor med operazione Sophia (operazione militare di sicurezza marittima lanciata nel 2015 dall’Unione europea nel Mediterraneo centrale) metteva nero su bianco che «i trafficanti si affidano a un numero crescente di navi di soccorso delle Ong che stanno operando vicino alle acque territoriali libiche, e talvolta pure all’interno». Il rapporto sottolineava anche il cambiamento nelle abitudini dei trafficanti di esseri umani: «Il nuovo modus operandi si sostanzia in una barca – guidata da alcuni scafisti, spesso travestiti da pescatori – che rimorchia un gommone privo di motore, che viene poi lasciato alla deriva. Ciò dipende dalla contiguità delle Ong e, a volte, delle navi mercantili, che provvedono al trasbordo». Operazione Sophia sottolineava altresì che le navi delle Ong indicavano la loro posizione con segnali luminosi ai trafficanti quando arrivavano in prossimità delle coste libiche, mentre spegnevano il transponder (sistema di identificazione automatica delle navi) per impedire il monitoraggio delle loro attività alle…
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