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Scuole di italiano per immigrati, le donne sono in calo. “I mariti le tengono a casa”

by Cristina Gauri
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Roma, 15 ott – Nel complicato gioco (e business) dell’integrazione e dell’accoglienza sempre più parrocchie, comunità pastorali e fondazioni si adoperano per organizzare scuole di italiano per immigrati. Per lo più si tratta di corsi gratuiti (i finanziamenti per questo genere di iniziative, tanto, fioccano come neve a Natale) finalizzati ad accrescere le conoscenze linguistiche e le competenze scolastiche di coloro che hanno scelto di vivere nel nostro Paese. Ancora non si vedono all’orizzonte quelle famose orde di plurilaureati provenienti dall’Africa che ci erano state promesse da Boldrini & co., quindi, ad istruirli, dobbiamo pensarci noi.

Ma non per tutti è facile accedere a questo tipo di corsi. Anzi, per tutte. Perché nel magico calderone del mix di culture, c’è posto anche per quelle che vorrebbero la donna come un animale domestico analfabeta. La possibilità per una donna di imparare l’italiano viene vista come una pericolosa sovversione. Prendiamo per esempio la Scuola Francesca Amoni, in via Marsala a Milano, dove i corsi di italiano sono iniziati 6 anni fa, quando è stata aperta la Casa delle donne. Nella struttura approdano ragazze da tutto il mondo, molte delle quali erano destinate al mondo della prostituzione, a una vita di sfruttamento, violenze, droga e morte.

Sempre più spesso, però, chi impedisce loro di rifarsi una vita non sono i trafficanti di vite umane da cui queste donne sono fuggite, ma i loro compagni di vita: i mariti. “Capisci il loro disagio – spiega al Corriere della Sera la presidente Roberta Larghi – i mariti le costringono a restare a casa”. Quest’anno si sono iscritte una trentina di ragazze, la metà di un anno fa. Un decremento drammatico, complice anche l’ostruzionismo dell’Asl: “Cerchiamo di comunicare la possibilità che hanno ma qualche giorno fa all’Asl non hanno accettato i nostri volantini perché non abbiamo il logo del Comune o della Regione. Al mercato di via Eustachi ho dato il volantino a una venditrice velata che aveva un banchetto. Il marito mi ha cacciato“.

Cristina Gauri

 

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2 comments

blackwater 15 Ottobre 2019 - 1:17

personalmente non me ne importa nulla,peraltro non sono nemmeno così scontato da comparare quanto ho speso io privatamente per gestire 3 lingue straniere,di cui una asiatica,rispetto a questi signori “tuttogratis”;

però il punto focale da ottica zeiss è questo; noi come Italia,avevamo davvero bisogno del signore musulmano e del suo banchetto al mercato ?

davvero la nostra economia non ne poteva fare a meno ?

a questo punto anche se la moglie di costui fosse una Lydia Mancinelli,i miei punti interrogativi non cesserebbero di essere privi di ragione.

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Commodo 18 Ottobre 2019 - 10:10

Le loro “donne” ….. Assomigliano a tanti sacchi di pattume con le zampe. Puzzolenti, disgustose, ripugnanti ed infide… Sembra che guardino basso, ma, se ci fai caso, ti scrutano con sguardo carico di odio malcelato, che trasuda da tutti i pori dalla pelle delle loro insulse facce color della merda… Meno se ne vedono in giro, meglio e……. Per tacere dei loro “mariti” e di qualsiasi altro appartenente alle loro “famiglie”…..

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