Torino, 18 lug — Si marcia a grandi passi verso l’inclusività al Politecnico di Torino: il Senato dell’Ateneo giovedì ha accettato di eseguire una valutazione degli spazi presenti nella struttura per il via libera ai bagni neutri, o no gender (senza distinzione tra uomo, donna o unicorni). Questo per far contento lo zero virgola nulla di studenti trans o gender confusi che trovano traumatico non sapere in che bagno espletare le proprie funzioni fisiologiche (quando basterebbe ricordarsi la forma dei propri cromosomi sessuali), e — ovviamente — l’immancabile kollettivo di compagnucci trans-inclusivi promotore dell’iniziativa (e compagnucce gender masochiste, pronte a sacrificare la sicurezza e il benessere delle altre donne sull’altare dell’ideologia).
Bagni no gender al Politecnico, festeggiano i kollettivi
«Un passo per un ateneo più inclusivo, riconoscendo le individualità non-binarie del nostro ateneo senza danneggiare nessuno e, anzi, potenzialmente migliorando quello che è un servizio veramente essenziale», esulta suddetto collettivo Alter.Polis. «Un cambiamento di mentalità». Come detto, dal Senato accademico non sono arrivate obiezioni, ma la promessa di valutare la fattibilità del progetto. Il bagno neutro aveva già fatto la propria comparsa in qualche istituto superiore particolarmente woke nel capoluogo sabaudo, come al liceo Alfieri. Ma li capiamo: è più semplice farsi dettare le mode dei bagni no gender dai tiktoker americani che lottare per invertire la rotta dello stato terminale in cui versa la scuola italiana.
La classificazione binaria non esiste più
«La distinzione dei servizi avviene in base a una classificazione binaria che non ha più ragion d’essere», spiega a Repubblica Arianna Montorsi, referente del Rettore per la Parità di Genere e Diversity del Politecnico di Torino. La Montorsi evidentemente vive in un universo parallelo a percentuali rovesciate: 99% trans e non binari, 1% che «si riconoscono nel genere assegnato alla nascita», come dicono loro (una volta si sarebbe detto «persone normali», ma pare lo abbiano proibito).
«All’università di Pisa i bagni no gender sono stati inaugurati il mese scorso e credo sia un’iniziativa valida dal punto di vista culturale ma anche logistico. Nel nostro ateneo ad esempio le studentesse di Ingegneria stanno aumentando quindi andrebbero aumentati i bagni dedicati». Dedicati alle donne o ai trans? Montorsi non lo precisa. Lo studio di fattibilità, ipotizzano, potrebbe terminare in autunno, così che a gennaio si entri in una nuova fase formale «per fare un tentativo affinché una decisione simile passi dagli organi ufficiali», spiega Alessia Quacquarelli, referente di Alter Polis in Senato Accademico.
Trans femministe che negano la realtà
Per ora la richiesta si limita all’aggiunta di bagni neutri a quelli esistenti, ma la china scivolosa è già lì pronta per essere oliata, e dunque mettono le mani avanti: non è escluso che si possa operare anche su quelli esistenti. Sentite infatti cosa dice Montorsi: «L’idea è abolire la distinzione su tutti i nuovi servizi e capire dove intervenire su quelli già esistenti, alcuni ad esempio hanno l’orinatoio. Ma se l’origine della distinzione, come sembra di capire, sia il rischio di aggressione sessuale in un posto dove si è esposti, non ci sono evidenze statistiche che ammettano le violenze». Però ci sono molti fatti di cronaca che lo testimoniano, basterebbe prendersi la briga di spulciare i quotidiani americani o britannici.
Cristina Gauri
1 commento
Con la quantità di alimentazione di pessima qualità rifilata ovunque pensino ad aggiungere tanti cessi senza menarla sul “particolare”! “Furbetti diarroici”.