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Altro che influencer, quando negli anni Trenta la Venere di Botticelli conquistò l’America

by Eugenio Palazzini
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venere botticelli

Roma, 22 apr – Diciamolo subito, senza tanti giri di parole, la Venere di Sandro Botticelli in minigonna, mentre fa un giro in vespa o intenta a mangiarsi la pizza, è una trovata decisamente di cattivo gusto. Tentare di trasformare un capolavoro assoluto dell’arte italiana in una virtual influencer, come se fosse la trasposizione di Chiara Ferragni, si presta a sacrosante critiche. Quindi sì, a prescindere dalle salottiere polemiche intellettò, la campagna di promozione turistica del ministero del Turismo, può essere bollata semplicemente come una cafonata. Qualcosa di talmente trash da sconcertare chiunque abbia un minimo di senso del bello.

Una virtual influencer da 9 milioni di euro?

E bene ha fatto Vittorio Sgarbi a stroncarla, prendendo posizione da sottosegretario alla Cultura contro la scelta del governo di cui fa parte: “Nel momento in cui parliamo tre ministri presentano la Venere di Botticelli vestita da ciclista, con la scritta Open to meraviglia: un paradosso. Ma la pubblicità all’Italia la fanno le opere d’arte, senza bisogno di travestirle”. Secondo Sgarbi “giacché la Venere è nuda sarebbe stato meglio vederla così, senza bisogno di travestirla in quel modo: è una roba da Ferragni”. Il critico d’arte non apprezza neppure lo slogan scelto per la campagna: “Anche così funziona lo stesso, lo ha deciso un grafico e io non voglio contraddire troppo i miei colleghi. Ma sul piano della lingua, la contraddizione è invece loro: Open to meraviglia? Che roba è? Che lingua è?”. Senza dubbio lo slogan Italia: open to Meraviglia, con cui il ministro Daniela Santanchè ha lanciato il video per promuovere l’Italia nel mondo in cui compare la Venere di Botticelli trasformata in virtual influencer, è obiettivamente un’altra cialtronata. Ed è ancora più imbarazzante che questo spot della Venere di Botticelli in salsa Ferragni sia costato, a quanto pare, circa 9 milioni di euro.

Quando la Venere di Botticelli incantò l’America

E’ d’uopo ricordare allora una storia misconosciuta, ovvero quando la Nascita di Venere e la Primavera di Botticelli conquistarono l’America. Correva l’anno 1939, la seconda guerra mondiale sarebbe iniziata dopo pochi mesi, e Mussolini decise di inviare alcuni capolavori italiani all’Esposizione Universale di New York e a San Francisco. Oltre che dalle meraviglie di Botticelli, gli Stati Uniti furono incantati anche dalla Madonna della seggiola di Raffaello e da molte altre opere rinascimentali. Il secolare oblio in cui era stato incredibilmente gettato Botticelli, in parte già riscoperto nel XIX secolo grazie soprattutto all’influenza che ebbe sui Preraffaelliti, finì allora. E sì, anche nel 1939 il governo italiano non badò a spese per mostrare la Venere e in generale per esportare, per alcuni mesi, perle del patrimonio artistico della nostra nazione. Ma lo fece con l’intento precipuo di stupire il mondo, riuscendo a mostrare davvero la grande bellezza dell’Italia. Presentandola esattamente così come era, senza stravolgimenti, senza cedere alle mode passeggere, senza “bisogno di travestire” i propri capolavori. L’Italia stupì il mondo perché era l’Italia, e aveva bisogno soltanto di raccontarsi come tale. Figlia della dea Venere.

Eugenio Palazzini

 

 

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3 comments

fabio crociato 22 Aprile 2023 - 11:25

Vogliamo dire e scrivere una volta per tutte che gli influencer sono dei parassiti !! Poiché senza né arte e né parte. Si deve semplificare per far capire, forza e coraggio.

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MASS 22 Aprile 2023 - 1:34

Ma che razza d’imbecilli la metà della metà degli Italiani (non io) ha mandato al governo? Altro che cafoni! Se la Sinistra fa schifo per le sue basi ideologiche, quella Destra fa altrettanto schifo per ragioni… merceologiche…

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F S P 15 Maggio 2023 - 5:56

toh! Non mi pare un caso che un ministro del primo governo post fascista abbia preso esempio da chi quella ideologia l’ha creata. E da quanto ne so io, il Duce quei capolavori li sfrutto a fini politici per legittimare non solo la grandezza dell’arte italica ma anche quella del regime. Operazione, quella della Santanchè, oltrechè tragicamente trash anche fortemente nostalgica dunque

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