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Eroi dimenticati: Giuseppe Colapietro, il martire del monte Dunun

by La Redazione
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Roma, 20 mag – Giuseppe Colapietro nacque a Turi (Ba) agli inizi di dicembre del 1895 figlio dell’intonachista Vito Lorenzo e di Maria Arrè. Colapietro ottenne il diploma di insegnante di scuola elementare e si iscrisse successivamente alla Bocconi di Milano.
Poco tempo dopo, il giovane barese si arruolò nel Regio Esercito quando era non ancora ventenne. Dopo aver frequentato l’accademia militare di Modena, Giuseppe Colapietro venne mandato a combattere nel Carso agli inizi di marzo del 1916. Nell’agosto dello stesso anno, fu inviato in Serbia, tra le fila dell’esercito slavo in funzione prettamente anti-ottomana e anti-bulgara. A Monastir dimostrò il suo valore in guerra ottenendo anche una croce al merito. Al suo ritorno in patria fu inviato sul fronte austriaco e qui vi rimase fino alla fine del conflitto combattendo a Caporetto e a Vittorio Veneto.
Promosso a tenente nel 1922, negli anni seguenti sbarcò in Africa, affidato al Regio Corpo Truppe Coloniali della Cirenaica. Con il RCTCC fu impegnato in circa 40 combattimenti per sedare i rivoltosi Senussi. In terra africana Giuseppe Colapietro venne decorato con la medaglia di bronzo al valor militare: “Comandante di plotone meharisti, lo trascinava all’attacco di agguerrite e numerose forze nemiche, infrangendone la resistenza e volgendole in fuga. Concorreva così validamente a due importanti vittorie”. Le vittorie cui si fariferimento sono quelle conseguite a El Buerat e Gasr Fonat.
Fino al 1931 rimase nel continente nero tra Libia ed Eritrea. Si distinse, agli inizi degli anni ’30, per il valore dimostrato nella conquista del Fezzan (la Libia meridionale) che diventerà, nel 1937, Territorio Militare del Sud. Anche in questo caso Giuseppe Colapietro ottenne un nobile riconoscimento, una medaglia d’argento al valor militare: “In due aspri combattimenti, guidando con perizia e trascinando con l’esempio del suo mirabile ardimento il proprio plotone meharisti all’attacco di numerose e agguerrite forze nemiche ne infrangeva la resistenza e le volgeva in fuga contribuendo così efficacemente a due importanti e proficue vittorie”.
Allo scoppio della guerra d’Etiopia non attese nemmeno un secondo e partì volontario per Mogadiscio, desideroso di combattere in prima fila e non di restare nelle retrovie come gli era stato inizialmente ordinato. Il pugliese ottenne una croce di guerra al valor militare durante la battaglia del Ganale Doria, vinta dagli italiani ma con parecchie perdite.
Il 19 maggio 1936 Giuseppe Colapietro venne ferito e portato all’interno di una caverna ben difesa sulle pendici del monte Dunun. Sentendo, però, che i nemici erano alle porte, decise di combattere comunque e, disprezzando il dolore lancinante, si lanciò sui nemici tenendoli occupati finché i suoi compagni non organizzavano la ritirata. L’ufficiale venne travolto e smembrato dai nemici. Solo parecchi giorni dopo i soldati italiani cercheranno i suoi resti e, una volta ricomposti, li faranno riposare in un’urna. Gli fu concessa la medaglia d’oro al valor militare: “Chiesto ed ottenuto, col suo reparto, il posto d’onore, con ardito animo e con grande sprezzo del pericolo, guidava la sua compagnia all’assalto di posizioni avversarie. Stretto da preponderanti forze nemiche, e benché ferito, non desisteva dalla lotta. Nuovamente e mortalmente colpito, mentre con slancio ritentava l’assalto, lasciava eroicamente la vita sul campo”.
Tommaso Lunardi

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