Roma, 27 mar – A un anno esatto dall’inizio della pandemia, si possono tirare le prime somme. Nei conti non rientrano solamente decessi, positivi e guariti, ma anche vittime indirette: i giovani. Un anno di malgoverno, false promesse e confusione hanno inciso sulla vita sociale del 9,8% della popolazione italiana. All’incirca 6 milioni di Italiani tra i 15 e i 24 anni hanno visto cancellarsi la loro esistenza repentinamente, senza nemmeno rendersene conto.
A inizio pandemia c’era la percezione di una “guerra-lampo” al virus. Quasi come nel 1914, si pensava ad evento non prolungato, quasi fosse una nuova avventura. Fu questa la salvezza delle persone e dei giovani nel primo periodo d’emergenza, e poi in estate. Non capire bene cosa stesse succedendo ha favorito la positività. Ora qualcosa è cambiato: dopo esattamente quattro intere stagioni segnate dalla presenza del coronavirus, e nulla di nuovo – se non la pseudo-presenza dei vaccini -, la situazione sta degenerando.
Insieme al disagio e alla rabbia dei lavoratori, che vedono chiudersi le loro attività o perdere il lavoro gratuitamente, si affianca un’altra crisi, che potrebbe avere ripercussioni sul futuro della nazione. Se è possibile che un battito d’ali di farfalla in Brasile possa scatenare un uragano in Florida, come non aspettarsi che la disillusione e la percezione del futuro privato dei giovani di oggi non possa influenzare negativamente l’avvenire dell’Italia?
Mai stati giovani
Le storie dei genitori sugli “anni d’oro”, in cui il divertimento e la spensieratezza erano la regola in vigore per i giovani, non sono più valide. Ascoltare “Gli anni” degli 883 diventa un’esperienza tragica. La responsabilità è ricaduta su tutti. La discriminante dell’età non è più valida. I ragazzi verranno catapultati repentinamente nell’età adulta senza che abbiano ricordi di essere mai stati giovani. Parlando anche dell’età dell’infanzia, impedire a bambini e ragazzini di frequentare parchi giochi (in cui, generalmente, c’è la supervisione di un adulto) com può prevenire in maniera concreta il contagio? Le ripercussioni mentali saranno poi visibili nel futuro. Non si parla di un “liberi tutti”, ma di vivere nel rispetto di tutti.
Se la situazione non permette ancora di ritornare alla normalità, si cerca di essere prudenti e responsabili. Se è vergognoso assistere a capannelli di persone senza mascherine, è però altrettanto vergognoso prendere in giro il popolo. L’influenza spagnola (parliamo perciò di 100 anni fa), durò poco meno di due anni. Consideriamo che allora le misure di contenimento non erano delle migliori, la medicina era altra, le stesse mascherine erano per lo più pezzi di stoffa. “Ma ha fatto 50 milioni di morti!”. Certo, ma parliamo di un’epidemia di cui non si conosceva – nemmeno tuttora si conosce – l’origine, non si sapeva come colpisse, da chi fosse partita. Proporzionalmente, con lo sviluppo medico e temporale stesso, siamo messi peggio di quando dilaniava l’influenza spagnola.
Il punto è chiaro: una nazione (a maggior ragione l’Italia) vive di lavoro, e il lavoro è creato dai cittadini. Perché esista un’economia, deve esserci la possibilità di lavoro (clientela). Ricordiamoci che vita sociale significa aria fresca all’economia, un polmone che sta rimanendo fermo per troppo tempo e che ha bisogno di una ventata. Se un periodo prolungato di crisi taglia notevolmente la capacità di fatturato, l’economia del paese è destinata a crollare, a meno che non intervengano le istituzioni. Ma se gli aiuti non arrivano o sono insufficienti, è chiaro che si è punto e a capo.
Se si vuole tornare ad una posizione privilegiata nel teatro internazionale, anche in questa emergenza, o si viene incontro alle attività chiuse, o si dà loro la possibilità di rinfrescare l’economia. D’altro canto la fetta più grande di clientela è rappresentata da giovani -e infatti in estate ci sono stati stabilimenti balneari che hanno visto accrescere il proprio fatturato rispetto al 2019, forse per la voglia di riscatto dai mesi di quarantena?. Se nelle scuole il metro di distanza (che di solito è sempre meno di un metro) è considerato sufficiente per una buona sicurezza, perché nei locali o servizi lo stesso metro non basta?
Mascherina pericolose, vaccini che non arrivano, sbarchi incontrollati (mentre gli italiani vengono chiusi in casa): come si può dar la colpa solamente ai giovani? É paradossale che una classe dirigente punti il dito ad una generazione che cerca di far vivere il paese, mentre essa in primis ha attuato una gestione fallimentare. Se le leggi legittimano l’uscita, ci si deve aspettare che i cittadini usufruiscono di tale diritto.
Depressione e disoccupazione
Secondo una stima di aprile 2020, un ragazzo su tre mostrava sintomi riconducibili alla depressione. É naturale che poi, in estate, si avesse voglia di vita, quella stessa vita negata qualche mese prima. I primi mesi di clausura possono essere giustificati, ma la seconda pasqua bloccata? Il secondo compleanno in casa? La seconda opportunità di lavoro andata in fumo?
Dal 2020 la disoccupazione giovanile è cresciuta nuovamente: alla fine dell’anno i giovani disoccupati erano il 29,7% in più. Non dobbiamo stupirci: chi può dare lavoro ai giovani, se il lavoro stesso è messo in discussione? Si apre, poi si richiude, come una giostra, a causa, a detta del governo (o dei governi) di tutte le persone che sono uscite, quando in realtà hanno sfruttato un diritto concesso direttamente dallo Stato.
Chissà, se al posto del bonus monopattino il governo avesse elargito un bonus TV o Netflix, magari, oltre ad avere 60 milioni di italiani in casa, avrebbe avuto anche un esercito ben influenzato. Da che parte? Non è difficile indovinare.
Alberto Emilio Pasini