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Goffredo Coppola, il papirologo in camicia nera

by Marco Battistini
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Roma, 12 ott – Esiste – e lo sappiamo bene, nostro malgrado – tutto un filone, facente parte della polverosa fazione semicolta propria dell’antifascismo, che vorrebbe raccontarci il fiorente periodo italiano compreso tra le due guerre mondiali come il lasso di tempo dell’azzeramento del dibattito politico e culturale. Ora, sarebbe sufficiente nominare qualche gigante (più o meno) parte integrante del fascismo, su tutti Gentile ed Evola – pensatori diversissimi tra loro. Oppure considerare D’Annunzio e Marinetti (famose le loro bordate incrociate: “poetino, ciarlatano, effeminato” il primo per il secondo, viceversa un “cretino fosforescente”). Ancora, tra gli altri: Malaparte, Pirandello, Ungaretti, Margherita Sarfatti. E poi gli intellettuali dimenticati. Come Goffredo Coppola, filologo e papirologo che seguirà Mussolini fino al tragico epilogo di Dongo.

Un importante profilo accademico

Il nostro nasce nel settembre 1898 in provincia di Benevento – più precisamente il 21 del mese, nel piccolo comune di Guardia Sanframondi. Maturità classica e studente di Lettere, proprio nel periodo universitario inizia ad interessarsi di papirologia. Ancora sui libri con ogni probabilità (in tal senso le fonti si contraddicono) partecipò attivamente al primo conflitto mondiale: riuscirà comunque a conseguire la laurea al termine della Grande guerra.

Dalla Campania a Firenze – dove fu allievo del senatore Girolamo Vitelli – insegnerà quindi letteratura greca e latina tra Cagliari e Bologna (tra i suoi studenti anche Pier Paolo Pasolini). Padroneggia anche la lingua tedesca. Stimato da Bottai e dallo stesso Mussolini provò a partire volontario per la campagna d’Etiopia: proprio l’altissimo profilo accademico – pubblicamente riconosciuto – lo costrinse a rimanere in Italia. Tra il 1940 e il 1942 combatterà comunque sul fronte francese e su quello russo.

Con Mussolini fino a Dongo

Già collaboratore del Corriere della Sera, del Popolo d’Italia e del mensile Gerarchia, durante l’esperienza della Repubblica Sociale diventa rettore dell’Università di Bologna e – in seguito al vile assassinio di Giovanni Gentile – presidente dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista. Secondo Gian Paolo Brizzi – biografo di Goffredo Coppola – l’intellettuale campano, in quei tragici giorni di fine aprile del 1945, sarebbe stato ben conscio della fine che l’avrebbe atteso. Fucilato a Dongo, anche il suo corpo ormai senza più vita finì nell’oltraggio di Piazzale Loreto. Formatosi culturalmente al di fuori della politica, sposò la visione del mondo fascista. 

Convinto patriota, rimane fedele alla causa mentre l’anti-Europa occupava il Vecchio Continente. Scrive in uno dei suoi ultimi articoli: “oggi che paurose oscillazioni scuotono dalle fondamenta il pensiero e il destino dell’Europa e minacciano l’entità uomo sulla quale riposano trenta secoli di civiltà europea, oggi più di ieri la nostra è dottrina di vita, la sola che permetta di raccogliere le sanguinanti reliquie del passato e di tramandarle in fecondo avvenire”.

Goffredo Coppola e l’oblio riservato agli uomini retti

Nel secondo dopoguerra il suo ricordo e la sua importante produzione – da segnalare gli studi su Callimaco, poeta greco di Cirene – hanno scontato il rancoroso oblio riservato (guardacaso) agli uomini retti. Letterato e fine studioso, pagò con la vita per le proprie idee: esempio di coerenza, riposa oggi nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna.

Marco Battistini

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