Questo articolo, che analizza la figura di Henrik Stangerup, ĆØ stato pubblicato sul Primato Nazionale di luglio 2019.
Lo spettro dei possibili tipi di utopie ĆØ incredibilmente vasto, ma mai quanto quello delle distopie, o anti-utopie. Ci sono quelle di natura politica. Quelle che descrivono una sorta di stato di natura hobbesiano di ritorno, a seguito di una catastrofe ambientale, nucleare e via dicendo, a seconda della fantasia dei diversi autori. 1984 di Orwell, CecitĆ di Saramago, La strada di Cormac McCarthy sono in tal senso emblematiche e tra le migliori.
Distopie politiche
Per quel che concerne le distopie di natura politica, però, cāĆØ un tratto saliente sul quale conviene soffermarsi brevemente. Tutte indistintamente si proiettano in un futuro più o meno lontano, nel quale viene instaurata una dittatura. Questāultima ĆØ di solito spinta fino al parossismo più estremo. Pensate al succitato Orwell. Nella societĆ da lui immaginata le restrizioni alla libertĆ sono assolute: la televisione, con le trasmissioni di propaganda e la possibilitĆ di sorvegliare la vita dei singoli, resta sempre accesa. Tutto ĆØ, insomma, per cosƬ dire, portato al limite.
Probabilmente simili scelte da parte degli autori si motivano con la volontĆ di far emergere in modo più immediato i tratti di un sistema aberrante: per farlo, creano un palese incubo a occhi aperti. Dove sta il problema? Il fatto ĆØ che tutte queste narrazioni corrono il rischio, proprio per via della loro radicalitĆ , di essere bollate come deliri paranoici, o esasperazioni eccentriche di menti troppo fantasiose. CāĆØ da dire che le grandi distopie, o almeno la maggior parte, sono state scritte in periodi storici molto lontani dal nostro. Tempi in cui chi comandava faceva largo uso della coercizione. Campi di sterminio, gulag e via dicendo. Nessuno di loro era, in sostanza, arrivato a comprendere come il Potere si sarebbe strutturato dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi.
Come insegna anche Marcuse, la nuova dittatura si muove in modo meno appariscente e non si avvale, per quanto possibile, di dimostrazioni di carattere muscolare. PerchĆ© costringere la gente, con la paura della ritorsione, a riversarsi entro una parata oceanica? Fornisci, piuttosto, loro Netflix per condizionarli, qualche serie televisiva. Intrattienili. E non rivoluzionare tutto dallāoggi al domani. Sii silente. Pian piano diffondi lāidea che il lavoro precario sia meglio, garantisca maggiore libertĆ rispetto al fisso. In cinque-dieci anni, tutti ne saranno persuasi. Chi non si convincerĆ , soccomberĆ come gli altri, solo con la vana consolazione della propria consapevolezza.
L’intuizione di Stangerup
Purtroppo, quasi nessuno dei grandi autori ĆØ riuscito a essere cosƬ freddo nelle sue analisi. La maggior parte si ĆØ lasciata prendere dal terrore per il suo tempo, come Orwell con il comunismo, e nel tratteggiare quello a venire ha calcato troppo la mano, scegliendo i colori più foschi, quelli dellāincubo. Al contrario, come ben dimostra il presente, la dimensione distopica ā entro la quale effettivamente viviamo ā ha caratteri molto meno smaccati, in cui il negativo appare sovente come positivo. Ciò aveva ben compreso il danese Henrik Stangerup con il suo Lāuomo che voleva essere colpevole, edito nel 1978 e recentemente ristampato da Iperborea Edizioni. Dal suo avamposto situato nel cuore del socialismo scandinavo, egli intuƬ la piega che la situazione europea avrebbe preso di lƬ a pochi anni.
Il romanzo ĆØ la storia di Torben, uno scrittore ex sessantottino. La Danimarca in cui vive ĆØ apparentemente un Paese che ha realizzato molte delle conquiste per cui tanti avevano lottato negli anni precedenti. Non cāĆØ povertĆ , tutti hanno un lavoro o un sistema di welfare adeguato che se ne faccia carico, e la paritĆ uomo-donna ĆØ assoluta. Questa apparente condizione di stabilitĆ diffusa trova però il suo contraltare in uno Stato che nega qualsiasi aspirazione individuale, o culto della personalitĆ . Conta solo la comunitĆ . Si vive più o meno tutti in supercondomini, i pasti si consumano insieme. Persino nelle discussioni ĆØ proibito aggredirsi verbalmente, abbandonarsi al livore, o insultare ā proprio come oggi su Facebook.
La dittatura del politicamente corretto
Il politicamente corretto ĆØ dāobbligo. Altrimenti intervengono degli Ā«AssistentiĀ», molto simili ai nostri assistenti sociali, che ti invitano a trovare altri spazi per sfogare la tua rabbia, cercando più che altro di sopprimere tale dimensione. Se non crei eccessivi problemi e il tuo malessere ĆØ assimilabile a una semplice inquietudine, sono loro stessi a passarti delle pillole per lāumore ā i nostri attuali psicofarmaci, anche lƬ diffusissimi. La letteratura non subisce censura, se non quella per bambini che viene alleggerita dalla presenza di eroi e situazioni violente. In compenso, ricevono finanziamenti solo le case editrici che pubblicano romanzi sociali, cioĆØ su persone che dapprima vivono male la vita comunitaria, per poi scoprirne la bellezza.
Esiste inoltre un istituto volto a lavorare sul linguaggio. Non ĆØ propriamente cosƬ duro come quello di 1984. Assomiglia casomai al sogno boldriniano di una revisione della lingua che non discrimini la donna e che tramuti in positivo qualsiasi concetto che potrebbe essere inteso come negativo ā le tasse troppo alte, per esempio, vengono definite Ā«contributo volontarioĀ». Questo istituto opera inoltre per veicolare una certa idea di societĆ . Le donne, dal momento in cui si decide che debbano lavorare, vengono distinte in attive, se lavoratrici, e passive, se casalinghe. Naturalmente, le prime sono lodate e le altre messe in cattiva luce.
In questa dittatura del politicamente corretto, il protagonista uccide la moglie che oramai non sopporta più, essendo questa divenuta incredibilmente acquiescente al sistema. Dopo averlo fatto vorrebbe essere dichiarato colpevole, ma ciò non ĆØ possibile. Nella distopica Danimarca raccontata nel libro, non si uccide per malvagitĆ , ma perchĆ© spinti Ā«dalle circostanzeĀ» ā più o meno come una Ā«risorsa boldrinianaĀ», secondo un giudice, non vuole realmente violentare, ma non sa delle differenze di costumi tra il suo Paese e il nostro. Eppure Torben vorrebbe proprio questo, riacquistare il suo diritto a essere colpevole, rivendicare la sua libera scelta, il suo non essere semplicemente un ingranaggio della societĆ momentaneamente inceppato. Il testo risulta praticamente impossibile da sintetizzare e si presta a milioni di altre più sottili riflessioni ā non per niente Anthony Burgess, lāautore di Arancia Meccanica, volle dare il suo contributo con una entusiastica postfazione. Ciò per cui spicca, però, ĆØ per essere stato il solo a comprendere come realmente le dittature passate si sarebbero trasformate, divenendo più subdole, adattandosi ai tempi. Solo Houellebecq, con Sottomissione, riuscirĆ a raggiungere questo livello. Ma dovranno trascorrere quasi quattro decenni.
Matteo Fais
1 commento
Niente di nuovo sotto i ponti… E’ sempre accaduto cosƬ sotto poteri in malafede! Senza una gerarchia nobile, etica e condivisa.