Roma, 10 mag – Sembra quasi assurdo pensando a cosa sia diventata la Rai negli ultimi decenni. Ma c’è stato un periodo nella storia della tv pubblica nel quale i programmi venivano pensati e realizzati anche allo scopo di creare cultura. E di rendere la popolazione edotta, piuttosto che contribuire a rincretinirla totalmente. Del resto, avendo ormai 50 anni, ricordo bene che fino a tutti gli anni ’80 “Mamma Rai” offriva un palinsesto alquanto variegato, nel quale particolare attenzione era posta a sceneggiati su argomenti letterari ed a programmi di approfondimento su temi anche di nicchia.
Riscoprire il catalogo Rai
Ecco perché l’immenso catalogo Rai andrebbe riscoperto e valorizzato, anche grazie alle possibilità legate allo streaming di RaiPlay. Ed è così che, grazie alla segnalazione di un amico, ho avuto modo di scoprire che nel 1978 su Rai 1, all’interno del contenitore Scatola Aperta di Angelo Campanella, andava in onda il documentario, della durata di un’ora, dal titolo Il ragazzo dai capelli gialli. Ovvero un approfondimento direttamente da Londra sul movimento punk, realizzato da Celestino Elia con la collaborazione di Sebastiano Rendina. Il film non venne mai riproposto. Ma ora è disponibile sulla piattaforma online nella sezione Mai più trasmessi.
Il ragazzo dai capelli gialli
Devo ammettere che ero alquanto prevenuto. Quali toni avrebbero mai potuto usare nel 1978 su Rai 1 per descrivere qualcosa di così complesso ed ancora in divenire come la sottocultura punk? Ed invece sono rimato piacevolmente sorpreso, godendomi uno dei migliori reportage sull’argomento. Per di più realizzato in un periodo nel quale in Italia ben pochi sapessero di cosa si stesse parlando.
Nessun sensazionalismo o pregiudizio. Accompagnati dalle musiche dei Sex Pistols, dei Clash, dei Damned e degli Sham 69, i due giornalisti si affidano ad un punk locale (il ragazzo dai capelli gialli del titolo) per guidarci alla scoperta di un mondo complesso, che si intreccia e si interseca con la difficile situazione sociale che si stava vivendo nel Regno Unito.
Da Buckingham Palace ai pub dell’East End fino ai docks di Londra Sud, conosciamo ragazzi qualunque che ci spiegano la loro visione del mondo e della vita, senza filtri o esagerazioni. Ci viene più volte ribadito dai protagonisti che il punk è lontano anni luce dai predecessori hippy, che erano borghesi annoiati figli di papà, che vaneggiavano di rivoluzione, ma pensavano più che altro a fumare erba nelle università. Mentre loro vivono tra sussidi, piccoli furti e lavori precari, utili per qualche birra al bancone di un pub. Ci viene così descritto un universo sincero ed assai diverso da quello che a partire dagli anni ’90 un certo mondo di sinistra cercherà di rivendicare come proprio ed i cui effetti si vedono ancora ora. Gran parte di chi si professa oggi punk, infatti, non è altro che un utile burattino del potere che appoggia ogni istanza mondialista e globalista.
La Rai tornerà a fare programmi di qualità?
Vengono anche intervistati due personaggi noti dell’ambiente: John Lydon dei Pistols e Jimmy Pursey degli Sham. L’allora Johnny Rotten, in particolare, se pur ancora giovanissimo dimostra una lucidità di pensiero veramente notevole, criticando la lotta armata della sinistra, che poteva portare solamente ad uno stato di polizia. Infatti John oggi è assai critico su chi tende a politicizzare il punk, in particolare con chi lo fa per seguire di fatto le multinazionali, affermando che in fondo oggi essere punk significa conservare, più che distruggere. Notevole poi anche lo spazio dedicato alle fanzine dell’epoca, forse il primo tentativo di fare vero giornalismo musicale popolare.
Quindi vi consiglio di recuperare la pellicola, auspicando che la Rai possa tornare a fare programmi di questa qualità. Anche se francamente non ci conterei molto, visto che la parola cultura ormai sembra quasi una bestemmia.
Roberto Johnny Bresso