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Iran, svelata la “Pompei d’Oriente”: grazie anche agli archeologi italiani

by Alessandro Della Guglia
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Roma, 23 feb – Shahr-i Sokhta, la città bruciata, riemerge in Iran tra le sabbie del deserto di Lut e le alture del Baluchistan. A svelare quella che gli studiosi hanno già ribattezzato la “Pompei d’Oriente”, è stato un gruppo di archeologi multidisciplinare internazionale capeggiato dall’italiano Enrico Ascalone. Quest’ultimo è il direttore del progetto scientifico avviato nel 2016 dal dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento che lo finanzia con il ministero degli Affari Esteri ed enti privati. Un lavoro che gli archeologi italiani hanno compiuto assieme ai colleghi della spedizione archeologica diretta da Mansur Sajjadi per l’Iranian Center for Archaeological Research.

Iran, la Pompei d’Oriente conservata dal deserto salato

Circa 6mila chilometri separano l’iraniana Shahr-i Sokhta da Pompei, ma in entrambi i casi il tempo sembra essersi fermato. Come se nulla si fosse mosso. Il sito svelato dagli archeologi è però “conservato non dalla lava, come accadde con l’eruzione del Vesuvio. Ma dalla sabbia del deserto salato di Lut, uno dei più inospitali della terra insieme al Gobi”, spiega Ascalone. “Su una superficie di 300 ettari, ne abbiamo scavato appena il 5% – afferma lo studioso – ma sappiamo che una delle attività più remunerative era il commercio di turchesi e bellissimi lapislazzuli. Gli edifici erano alti anche due metri, arricchiti di decorazioni parietali che, però, non rappresentavano figure, ma motivi geometrici. Lo stesso per giare, porte o sigilli: nessuna divinità, probabilmente perché senza un’elite al comando non c’era neanche bisogno di veicolare messaggi di propaganda. Di certo, amavano il lusso: ricoprivano i pavimenti con stuoie e usavano molte perle”.

L’insediamento di Shahr-i Sokhta, non lontano dagli attuali confini con Pakistan e Afghanistan, si è sviluppato intorno al 3200 a.C. Era un fiorente centro di commercio e agricoltura, ma collassò per cause ancora sconosciute. Il sito è nella lista Unesco per il suo “valore universale”. Dagli scavi effettuati dagli archeologi sono emerse centinaia di ‘proto-tavolette’, rettangoli in argilla di 10 centimetri per 3, con annotazioni numeriche con linee e punti. Da questo si evince il notevole livello di organizzazione sociale e amministrativa.

Alessandro Della Guglia

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