Roma, 27 giu – “Accenno, pausa, esecuzione“: così si svela il Giappone misterioso di Mario Vattani, diplomatico scrittore che omaggia per la terza volta la cultura nipponica dopo le precedenti opere “Doromizu” (Mondadori, 2016) e “La Via del Sol Levante” (Idrovolante Edizioni, 2017). “Svelare il Giappone” (Giunti, 2020) è una singolare guida agli usi, ai costumi e alla tradizione del Sol Levante che si spiega come un ventaglio attraverso i singoli capitoli dai nomi poetici (“Bellezza”, “Spada”, “Altro mondo”, “Nebbia”) che lo stesso Vattani nel corso della presentazione di ieri a Roma, insieme a Jun Ichikawa, invita a leggere anche in ordine “sparso”, partendo dal titolo che più ci incuriosisce.
La formula di Vattani (reduce dal romanzo “Al Tayar, la corrente” Mondadori, 2019), in effetti, funziona: “Svelare il Giappone”, uscito il 3 giugno, è balzato immediatamente in cima alle classifiche di vendita dei libri di viaggio, resistendo stabilmente. “Per molti il paese del Sol Levante non è un luogo, è un mito” si legge nella presentazione del libro e in un certo senso Vattani non fa che aumentare questo mistero pagina dopo pagina. Lo scrittore ci avverte, infatti, che anche dopo una conoscenza approfondita della cultura ed della lingua nipponica non si potrà mai sfuggire da “gaijin” (ovvero da “stranieri”) all’essere – letteralmente – “trattati come un fagiolo“, cioè bonariamente e senza troppa convinzione come si fa con un bambino piccolo.
Tra le tante differenze culturali che ci illustra “Svelare il Giappone” c’è sicuramente la diversa concezione della tradizione nel mondo nipponico rispetto a quello occidentale. Lo stesso Vattani, presentando il libro, ci spiega che per i giapponesi “la tradizione non è conservare le vestigia antiche, ma saper rifare nello stesso modo ciò che è stato fatto in passato” e ci fa l’esempio del santuario di Ise, ricostruito tale e quale al primo con le stesse tecniche, persino la stessa legna, per sessantadue volte (l’ultima nel 2013). E Vattani ci spiega anche che una delle grandi capacità dei giapponesi sta nella capacità di osservare, di “selezionare la bellezza” da guardare. Un insegnamento valido anche per noi.
Davide Romano
1 commento
Leggerò volentieri. Essendo stato in Giappone per lavoro e studio ritengo di dover sottolineare il pessimismo costruttivo (ns.rif.Spengler) che permea tutto il loro agire da secoli, oggi ancor di più dopo la batosta del ’45. Da questo bisogna imparare a stare al mondo che non è un Eden beota. Il rispetto per la natura, l’ igiene integrale basilare e la precisione (quest’ultima umana troppo umana, quindi talvolta travolgente e stressante), sono l’ evidenza di un agire trascendentale, ancora oggi.