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Alitalia: 75 anni di storia che l’Ue sta cercando di cancellare

by Filippo Burla
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Roma, 8 mag – Sono passati 75 anni dalla nascita di Alitalia, 74 dal primo volo ufficiale della compagnia. Una storia lunga come quella dell’Italia repubblicana. Condividendone in qualche modo i destini, sia in positivo che in negativo. Finale (per entrambe?) compreso.

Erano i primi di maggio del 1947 quando il trimotore Fiat G.12 “Alcione” spiccava il volo sulla tratta inaugurale Torino-Roma-Catania. Una rotta lunga quanto la penisola, come a voler sottolineare che l’unità di una nazione da ricostruire sarebbe passata anche dai cieli.

Testimone dello stile e del genio italiano

Seguirono anni ruggenti, con Alitalia a fare da testimone nel mondo dello stile e del genio tricolore. Non solo con le divise disegnate dall’atelier delle sorelle Fontana, ma anche con azzeccatissime scelte industriali. La nostra compagnia di bandiera fu, ad esempio, la prima in Europa a dotarsi di una flotta composta di soli aerei a reazione. E sempre la prima, tramite Ati – Aero trasporti italiani, a sbarcare sul mercato con una proposta “low cost” ante litteram.

Le dinamiche della liberalizzazione del trasporto aereo, iniziata (non solo lei) tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, segnerà la fine di molte storiche livree. Anche Alitalia soffre, ma si mantiene in piedi. Almeno fino alla sciagurata privatizzazione. Per la serie “il mercato fa meglio dello Stato”, è proprio da allora che prende avvio la parabola discendente sella “A” tricolore disegnata sugli impennaggi di coda.

Una lenta agonia che passa dai cosiddetti “capitani coraggiosi” (coraggiosi ad investire soldi altrui, come da pessima tradizione del capitalismo nostrano) alle sciagurate nozze con Etihad. Gli emiratini arrivano, saccheggiano quel che possono e salutano. Aprendo la strada all’amministrazione straordinaria, con il pubblico cacciato dalla porta che rientra dalla finestra. Trovando però un’Alitalia svuotata, decotta, con una flotta sensibilmente ridotta rispetto a solo pochi anni prima.

La pandemia di Alitalia si chiama Unione Europea

La pandemia ci mette il carico. L’Ue, da parte sua, cala l’asso in prima mano: il rilancio non s’ha da fare, anche se l’azzeramento del settore causa chiusure forza tutti a ripartire da zero. “Sapete, gli aiuti di Stato”, alias la normativa che per gli amici si interpreta mentre per i nemici si applica aprioristicamente.

Bruxelles, neanche a dirlo, mette Alitalia (e con lei l’Italia) nel secondo gruppo. Se la società vorrà riprendere quota, sarà solo a condizioni-capestro tali da pregiudicarne il futuro sin dall’inizio. Non si spiegano altrimenti le imposizioni su flotta, marchio, spezzatino dei vari rami di attività. Il governo ci prova, non riuscendo però a tirare fuori dal cilindro nulla che vada oltre un imbarazzante balletto tra i paletti che la Commissione ha piantato con l’obiettivo di tenere a battesimo una (inutile) micro compagnia. Con il rischio, sempre più concreto ogni giorno che passa, di vanificare l’intera stagione estiva. Vale a dire l’unica speranza di riagganciare il treno della ripresa del trasporto aereo. Obiettivo quasi raggiunto.

Filippo Burla

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2 comments

Antonello Meo 9 Maggio 2021 - 12:36

Buongiorno sig burla
In poche ma concise parole ha spiegato in modo chiaro quello che stanno facendo in Europa nei
Confronti della nostra gloriosa compagnia di bandiera nonché al nostro stupendo paese che non ha rivali e il tutto condito da politici che non prendono ne distanze ne posizioni per proteggerlo /la …
Buon Lavoro

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