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Ilva, i danni del grillismo: tra decrescita (in)felice e ambientalismo talebano

by Lorenzo Zuppini
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luigi di maio, ilva

Roma, 5 nov- In realtà non si tratta di una novità, e chi si indigna oggi per l’affare Ilva che sta saltando dimostra di essersi foderato gli occhi di prosciutto per diversi anni di fila, ignorando deliberatamente l’impatto devastante che la logica anti-sviluppo grillina avrebbe avuto, e difatti sta avendo, sull’economia italiana. Magistratura, politica, sindacati imbelli e stampa affine all’ideologia anti-industriale hanno condito questo boccone amaro sin dal 2012, ossia da quando i magistrati arrestarono i Riva e alcuni manager dell’Ilva sequestrando la fabbrica. Vennero sequestrati 1,2 miliardi di euro di acciaio già prodotto perché considerato il corpo del reato, affidando quindi l’azienda a tre burocrati che avrebbero dovuto fare ciò che non sono capaci di fare: gli imprenditori.

In questi pochi anni sono stati bruciati i 4 miliardi di euro di patrimonio. Le chiacchiere stanno a zero: questo è l’unico vero risultato portato a casa dalla macchina infernale che venne messa in moto circa sette anni fa. E che oggi prosegue il suo inesorabile cammino coi desperados grillini che inquinano tutte le questioni di cui intendono occuparsi. La soluzione ArcelorMittal è stata trovata in extremis nonostante i capricci dell’ex ministro dello Sviluppo Di Maio. Per non parlare della ministra del Sud, tale Barbara Lezzi, che sogna da anni di riconvertire la prima acciaieria d’Europa, che conta quasi 15mila dipendenti, in una raccolta collettiva di cozze, visto che “Taranto ha una lunga tradizione nell’attività di miticoltura che non può essere dimenticata”.

Gli untori dell’ambientalismo talebano

Questo gretinismo va di pari passo con le manie di sottosviluppo che caratterizzano gli untori della decrescita felice, dell’ambientalismo talebano, degli imprenditori definiti “prenditori” e in definitiva della rimozione dello scudo penale che l’azienda franco-indiana chiedeva per portare a compimento la propria opera. Chiaramente, questo punto viene definito dai gretini pentastellati come un ricatto, ma in verità si tratta della pretesa da parte dei compratori, che hanno garantito un piano ambientale da 1,1 miliardi, di non dover rispondere delle condotte eventualmente illecite tenute in passato da altri soggetti. ArcelorMittal spiega infatti che è già accaduto: difatti, durante la gestione commissariale sono stati fatti arrivare a lavoratori e manager avvisi di garanzia sebbene stessero operando per il piano ambientale.

La magistratura, dunque, detta tempi e modi, come sta accadendo in queste ore, durante le quali il Tribunale di Taranto ha imposto condizioni talmente dure nella conduzione degli impianti da rendere obbligatorio lo spegnimento di un altoforno. La domanda è: quanti punti Pil e quanti posti di lavoro dovremo sacrificare sull’altare dell’ecologicamente corretto? E fin dove possono spingersi i regolatori alla Di Maio e alla Lezzi nell’imporre la propria visione distorta del mondo senza poi pagare il contro delle scelte che impongono ad un tessuto produttivo che fa i conti con la realtà e non con la narrazione da loro utilizzata per compilare il curriculum politicamente corretto?

La iattura ecologicamente corretta

Questa nazione non ha un futuro industriale sia perché si trascina dietro delle iatture come i grillini, che prima di fare i ministri dello Sviluppo dovrebbero lavorare per qualche tempo, e sia perché è costretta a basarsi sulle furbe giravolte di personaggi come Renzi che, da leader di Italia Viva, ha votato la legge del 3 novembre che ha eliminato lo scudo penale per ArcelorMittal ma che oggi prende le distanze da questo scempio cui fa opposizione dall’interno della maggioranza che ha voluto creare. Quindi sostiene il governo delle tasse ecologicamente corrette e quotidianamente si straccia le vesti per smascherare gli incapaci a cui garantisce i propri voti. Si naviga a vista, e non si va oltre l’approccio ideologico quotidiano. Devono aver sbagliato a leggere: insieme all’Iva, hanno disinnescato anche l’Ilva.

Lorenzo Zuppini

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1 commento

pietro46 6 Novembre 2019 - 1:51

Egr.Lorenzo…ha scritto ‘banalità’ da principio alla fine che non c’è proprio gusto a….commentarla,mi creda.Comunque…venga ogni tanto a controllare se eventualmente,passatami l’incazzatura nell’averla letta,non ci sia ‘posta x lei’.Ma non è scontato.

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