I dati di ieri, però non giungono come un fulmine a ciel sereno. Il sei agosto su questo sito veniva riportato il calo della produzione industriale (-0,4%) rispetto a maggio. Purtroppo, però, i mali dell’economia italiana non sono solo rappresentati dai decimali dell’Istat. Infatti, i due fardelli più pesanti per le nostre imprese sono rappresentati dal fisco, e dal credit crunch. Cominciamo dalle tasse. Crescono le entrate tributarie erariali nel periodo gennaio-giugno 2016. Nei primi sei mesi ammontano a 203,5 miliardi di euro, in aumento del 4,3% (+ 8,4 miliardi) rispetto allo stesso periodo del 2015. Forniamo solo qualche dato. Secondo le rilevazioni del ministero dell’Economia, il gettito derivante dalle imposte dirette sale a 111,7 miliardi, con un incremento del 4,6%. In crescita anche l’incasso legato alle imposte indirette, che arriva a 91,8 miliardi (+3,9%), con l’Iva che raggiunge i 53,7 miliardi. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno si registra un incremento di 4,2 miliardi (+8,5%).
E dulcis in fundo, c’è il problema della stretta creditizia. La Cgia di Mestre stima che nell’ultimo anno (maggio 2016 sullo stesso mese del 2015) gli impieghi bancari alle imprese sono diminuiti di 13,8 miliardi di euro. Inoltre, gli artigiani di Mestre sottolineano che se prendiamo come riferimento il 2011 il calo degli impieghi bancari è pari a centodiciassette miliardi di euro. Questa situazione rischia di alimentare l’usura: uno dei fenomeni più destabilizzanti del nostro tessuto produttivo dal punto di vista economico e sociale. Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo: “Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito questa forte riduzione degli impieghi è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno hanno sfiorato i 198 miliardi di euro lordi”.
Detto ciò è fin troppo scontato dire che l’Italia riparte ingranando la retromarcia.
Salvatore Recupero