Roma, 25 ott – Nel corso degli ultimi 15 anni, in esecuzione di una lunga serie di direttive e regolamenti provenienti dall’Unione, l’assetto del mercato energetico italiano è notevolmente mutato. Si è sostanzialmente passati, soprattutto nella parte medio-bassa della filiera, da un modello di monopolio e oligopolio a uno di concorrenza.
Seppur recepiti dal nostro ordinamento con atteggiamenti differenti, in funzione dei governi e delle misure previste, i cossiddetti pacchetti energia hanno progressivamente trainato il paese verso la completa liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas.
È in questo quadro che dalla tariffa amministrata, fissata a livello centrale, si è arrivati al mercato libero, dove l’utente può liberamente scegliere il proprio fornitore. Qui i consumatori si trovano alle prese con decine di offerte spesso complicate, fatte di cavilli e rimandi difficilmente padroneggiabili. Prezzi solo in pochi casi concorrenziali con la tariffa di maggior tutela, aggiornata trimestralmente dall’Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas ed erede del vecchio mercato amministrato.
Contestualmente all’avanzata del mercato si è poi materializzata una serie di inconvenienti di non poco conto. È facile immaginare come dalla possibilità di effettuare il cosiddetto switch, magari a seguito di un contatto “porta a porta”, si sia aperta una bella fetta di mercato alle truffe, tecnicamente identificate come contratti non richiesti (CNR), 23.896 casi solo nel 2012.
Situazioni difficilmente gestibili vista la complessità dei contratti e rischi di truffa, ma se i prezzi diminuiscono saranno sacrifici necessari. Neanche per sogno. Da diversi mesi è stata resa nota un‘indagine dell’Authority molto chiara a riguardo: il mercato libero non conviene. Condotta sui dati del 2011, l’inchiesta ha registrato prezzi superiori del 12,8% per l’energia elettrica e del 2% per il gas naturale. Va forse meglio per i clienti non domestici dove il differenziale per l’energia elettrica scende al 6% e per il gas si annulla.
C‘è quindi da rimanere quantomeno prudenti di fronte ai recenti appelli provenienti da più parti per spingere l’acceleratore sul tema delle liberalizzazioni e l’accantonamento del regime di maggior tutela. In questo senso e in più sedi si è distinta l’Anigas (Associazione nazionale industriali del gas) per “un definitivo superamento del prezzo regolato” con una tariffa di tutela “più selettiva” e una “apertura completa del mercato finale”. E siamo solo all’inizio, c’è infatti molta strada da fare anche sul versante midstream e degli scambi ai confini nazionali.
Siamo di fronte a un processo forzato, eterodiretto sulla scorta ideologica che il mercato sia la soluzione semplice a problemi complessi, la progressività che ha caratterizzato il raggiungimento degli obiettivi ne è una chiara conferma. Un orientamento che si è fatto realtà in barba alle più basilari nozioni economiche, quelle di monopolio naturale e conseguente concentrazione dell’offerta, accantonando per principio altri metodi di regolazione del mercato (il price cap per citarne uno). E i risultati non sono poi così imprevedibili, smontate le gabbie vige la legge del più forte; di chi è nella posizione di imporre a politici incompetenti e ricattabili le leggi da scrivere, di chi ha messo piede nei prestigiosi istituti di ricerca inglesi o americani ed è ora tornato, ai posti giusti, per smantellare la famigerata anomalia italiana.
Armando Haller
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[…] la liberalizzazione del mercato elettrico – come del resto è stato ottimamente spiegato su queste stesse colonne per la liberalizzazione del mercato del gas – non ha prodotto quello di cui l’Italia avrebbe avuto bisogno come misure anticicliche per far […]