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Nuove direttive per la politica di difesa europea

by Cesare Garandana
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europaBruxelles, 25 ott – “In questi giorni di emergenza umanitaria nel Mediterraneo” – hanno affermato Pietro Paganini e Roberto Race, rispettivamente Presidente e Segretario Generale di Competere.EU – “cresce nell’opinione pubblica la consapevolezza dell’importanza di una sicurezza data da sistemi di difesa al passo con i tempi”. I tagli che il mondo della difesa e della sicurezza, tra gli altri, hanno subito, possono rivelarsi un grandissimo rischio o viceversa rappresentare una grande opportunità per il nostro Paese”.

Quest’eccellenza, com’è intuitivo immaginare, è difficile da ottenere se si prendono in considerazione i continui tagli che la crisi economica ha imposto al settore Difesa di quasi tutti i paese nell’Unione. Indicando nello Smart Defence, elaborato in ambito NATO nel 2012 la possibile soluzione.

In una lettera aperta al Ministro della Difesa italiano Mario Mauro, scrivono: “per questo Le chiediamo di far sì che l’Italia possa farsi promotore del rilancio di questa nuova fase nella quale le difese dei vari Paesi dovranno lavorare alla propria razionalizzazione ed al proprio efficientamento e alla realizzazione di una difesa comune”.

Un discorso, questo, di estrema attualità, nel momento in cui l’Europa, è matura ma non ancora strutturata per provvedere alla propria sicurezza, avendo dimostrato di non saper fornire una risposta univoca alle emergenze che colpiscono i paesi a lei vicini”.

Sul piano industriale si punterà invece al “Framework Nation Concept”, filosofia punta ad omogeneizzare e valorizzare le eccellenze insite nelle varie nazioni, presentato dal ministro tedesco Thomas De Maiziere nella ministeriale di giugno che ha ottenuto un forte apprezzamento da parte dei ministri della Difesa riunitisi lo scorso 22 Ottobre in un vertice NATO.

Il concetto sembra logico e funzionale, soprattutto nell’ottica di svincolarsi finalmente dalla dipendenza dagli Stati Uniti e dalla NATO per settori strategici come aerei per il rifornimento in volo, ospedali da campo. Ma in pratica tutte le iniziative finora avanzate hanno ottenuto scarsi risultati.

Inutile però dare la colpa alla NATO, alla crisi economica, o magari a fantomatici complotti: il problema è tutto europeo ed è di carattere politico. Come affermato ad un convegno IAI dall’ex ministro della difesa Di Paola, “prima viene l’obiettivo politico-strategico e poi la pianificazione del bilancio della difesa”. Senza un obbiettivo condiviso e duraturo infatti ogni investimento rischia di essere inutile. Si pensi ad esempio ad alcune tecnologie o gruppi interforza generate in tale ambito ma mai utilizzate per il veto di alcuni paesi dell’unione.

Lo stesso vale ovviamente sul piano industriale. Il livello tecnologico è ormai tale che difficilmente una nazione po’ sostenere da sola lo sforzo economico per sviluppare nuovi programmi e strutture. Basti pensare ad esempio che l’Eurofighter, il famoso caccia europeo, è stato sviluppato dall’omonimo consorzio composto dai colossi aeronautici di Italia, Germania, Inghilterra e Spagna. Nello stesso ambito però sono innumerevoli i progetti naufragati a causa di veti ed interessi nazionali. Forse l’Europa (quella vera e non limitata alla sua concezione economica) prima di cercarla dovremmo volerla!

Cesare Dragandana

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