Roma, 3 nov – Una manovra finanziaria a dir poco raffazzonata. E’ questo il giudizio che emerge dall’analisi condotta sulla legge di stabilità da parte dei tecnici di Camera e Senato, che evidenziano numerosi aspetti critici.
Una finanziaria senza criterio
I tecnici non usano mezzi termini: i numeri forniti dal governo non seguono criteri comprensibili. E’ il caso ad esempio dell’Imu sugli imbullonati (i macchinari fissati a terra), che viene tolta per superare alcune problematiche di interpretazione ma il minor gettito è definito “in modo soggettivo” e senza che sia “possibile riscontrare le valutazioni fornite”. Non si sa insomma a quanto ammonterà il potenziale mancato introito, per cui è impossibile ragionare di coperture o meno.
Stime sballate anche per quanto riguarda la riforma del Canone Rai, per il quale è previsto il pagamento in bolletta elettrica. La finanziaria non valuta però “i livelli di morosità nel pagamento delle forniture elettriche”, potendosi così creare dei buchi non considerati.
Analogo discorso, sia pur indiretto, vale per la pubblica amministrazione. L’annunciata stretta sul turnover non è garanzia di risparmio perché si rischia di dover comunque procedere ad assunzioni – non preventivate, quindi non iscritte a bilancio – per garantire livelli minimi di prestazioni ora già al limite.
Imu e Tasi
I tecnici di Montecitorio e Palazzo Madama smontando anche il punto forte della finanziaria, cioè l’eliminazione di Tasi e la rimodulazione dell’Imu. Le compensazioni promesse agli enti locali possono infatti “determinare un irrigidimento dei bilanci in quanto si limita la possibilità di manovra dei Comuni a valere sulle proprie entrate a scapito della voce maggiormente rigida e fissa del fondo in esame”. Insomma, nuova stretta sui Comuni che già hanno sofferto tagli miliardari negli ultimi anni e si son visti costretti in moltissimi casi a ritoccare ai massimi le addizionali per non dover tagliare i propri servizi.
Finanziaria e sanità
Ultima stoccata è riservata ai tagli alla sanità, per i quali i governatori sono già sul piede di guerra. E’ vero che “la dotazione del Fondo sanitario nazionale – osservano i tecnici – crescerà di circa 1,3 miliardi rispetto al 2015” e che “la centralizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi dovrebbe consentire la razionalizzazione di tale voce di spesa, facilitando il conseguimento di risparmi”, ma allo stesso tempo i tagli a valere sul periodo 2017-2019 varranno, fra diretti e indiretti, almeno 17 miliardi di euro. “Sarebbe utile una valutazione del Governo in merito alla effettiva praticabilità della misura“, scrivo i tecnici, manifestando più di qualche dubbio sull’ammontare dei tagli.
Filippo Burla