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Charlie Hebdo: verso un “Patriot Act” alla francese?

by La Redazione
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Charlie-Hebdo-Sharia-HebdoParigi, 22 gen – Al di là della tragedia umana in quanto tale, l’attacco sanguinario contro il settimanale Charlie Hebdo e il suo trattamento mediatico e istituzionale hanno indiscutibilmente dimostrato la cancellazione, per non dire la dissoluzione, del politico rispetto all’emozionale puro, del sentimentalismo sfrenato ed esacerbato.

Durante una settimana, la riflessione, l’analisi, la presa di distanza e la messa in prospettiva hanno totalmente abbandonato lo spazio pubblico per lasciar posto a una cantilena isterica salmodiata con il cuore in lutto, recitando un discorso tanto sciocco quanto lacrimevole sul tono di “perché sono così cattivi?” o dell’eterno “Mai più!”.

Il culmine di questo gemito lamentoso è stata la grande “marcia repubblicana” in cui una marea di pupazzi ha potuto sfilare a ranghi serrati, con parrucca e naso rosso, dietro a grandi democratici e difensori dei diritti umani come Benyamin Netanyahu, Avigdor Libermeran o Abdhallah II fi Giordania…

Una manifestazione che voleva rappresentare la famosa “unità nazionale”, l’ultima speranza di salvezza di un sistema senza fiato, ma da cui ci si era presi cura di escludere il Front national, primo partito di Francia e unico movimento politico ad aver instancabilmente denunciato i mali della immigrazione di massa, le tragedie inevitabili che produce e il pericolo dell’islamismo.

Al contrario, tutti i sostenitori del “vivere insieme” senza ostacoli o preoccupazioni, del “multiculturalismo felice,” tutti i sostenitori di un mondo senza frontiere, tutti i promotori dell’Islam “religione di pace e di amore”, tutti i guerrafondai che hanno incoraggiato la messa a ferra e fuoco degli ultimi stati laici del Nord Africa e del Vicino Oriente erano ben rappresentati, in primo luogo l’ineffabile Bernard-Henri Levy, viceministro degli Affari Esteri, l’uomo che ha chiesto di armare le milizie islamiste contro Muammar Gheddafi e Bashar al-Assad. Tutti i responsabili della situazione attuale, tutti coloro che hanno contribuito a costruire la presente polveriera si affollavano nella strada per denunciare gli effetti della loro stessa politica cieca e masochista. Non uno mancava all’appello. Fortunatamente per loro, l’indecenza non uccide.

E ora? Mentre logica vorrebbe che un tale evento, rivelando le fratture interne della società francese (molti incidenti, soprattutto nelle scuole con forte insediamento extra-europeo, hanno mostrato la solidarietà di un segmento della popolazione con terroristi) si traducesse in un drastico ripensamento delle politiche migratorie e pseudo-assimilazioniste, in una riflessione sulla tutela e difesa delle frontiere e in una messa in discussione della politica estera del paese, è ovviamente uno scenario molto diverso quello a cui assistiamo. Al di là dei discorsi, le uniche azioni concrete messe in opera sono state l’arresto del comico antisionista Dieudonné e l’incriminazione di cinquanta persone per “apologia del terrorismo” (con parole o scritti su internet). Curiosa risposta quando si sostiene di voler difendere la sacrosanta “libertà di espressione” contro l’oscurantismo.

Nel frattempo, il governo ha annunciato “misure eccezionali” in intelligence, sorveglianza e controllo di Internet. Cioè ulteriori restrizioni delle libertà civili e una maggiore monitoraggio poliziesco dei mezzi di comunicazione e di informazione alternativi, che si immagina non si limiterà alla “sfera islamista”. In breve si tratta di un progetto di “Patriot Act” alla francese, che sta prendendo forma sotto gli applausi francesi disposti a sacrificare gli ultimi pezzi della loro libertà per acquisire una “sicurezza” illusoria, tanto più improbabile in quanto il potere si limita ancora una volta (è il suo più grande interesse) a pretendere di colpire gli effetti del male senza affrontare le cause.

Un “Patriot Act” alla francese che alcuni, come l’ex ministro Ump Valérie Pécresse, apertamente si augurano e la cui prospettiva non preoccupa più nummeno coloro che ne denunciavano la sua attuazione al di là dell’Atlantico. Se la paura e l’emozione sono sempre cattive consigliere, esse ora regnano a tutti i livelli, in Francia. E forse questa è la vera vittoria degli assassini del 7 gennaio.

Xavier Eman

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