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Cosa c’è dietro la “corsa all’oro” di Russia e Cina?

by Guido Taietti
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Roma, 29 lug – Nonostante il prezzo dell’oro non sia in crescita costante, in parte drogata dalla sovrastruttura finanziaria della materia prima stessa, assistiamo da diverso tempo ad un fatto estremamente curioso: Russia e Cina stanno continuamente acquistando oro, in grandi quantità ed ormai da parecchio tempo.

Solo nel corso di questo mese, per altro non finito, la Banca di Russa ha acquistato circa 7 miliardi di dollari del prezioso metallo, arrivando ora a riserve dichiarate per 414 miliardi di dollari circa. Una strategia che ha visto grandi acquisti settimanali avvenuti ininterrottamente per tutto il 2016 e 2017. La Cina, dal proprio canto, nonostante sia un discreto produttore di questa materia non ne esporta e anzi continua ad procurarselo dall’esterno, a ritmi ancora superiori a quelli Russi. Per far comprendere quanto siano alti questi ritmi di accaparramento basti pensare che negli ultimi 2 anni più dell’80% dell’oro acquistato dalle Banche Centrali del mondo è stato destinato a Russia e Cina. Non hanno ancora i livelli delle scorte occidentali e occorrerà comunque qualche anno anche a questo ritmo, ma stanno approfittando della svendita di alcuni paesi in difficoltà: prima fra i quali il Venezuela che, per ripagare i bond emessi ad alti interessi, ha già venduto più della metà delle proprie riserve.

Perchè Russia e Cina stanno investendo in questa direzione, togliendo risorse ad altro? Le motivazioni possono essere diverse. Il timore di una crisi in arrivo potrebbe essere uno e quindi la necessità di tutelarsi con un asset che non perde valore. Oppure il tentativo di difendersi dalla stagnazione economica che colpisce alcuni partners strategici (Europa e Giappone da parecchio sull’orlo della deflazione), e quindi trasformando il denaro in qualcosa che possa difenderne il valore in attesa che si possa reinvestirlo tranquillamente con maggiore sicurezza. Oppure stanno poco per volta tentando strade che possano svincolarsi dal sistema economico internazionale basato sul dollaro. Un sistema dove il valore del dollaro può venire manipolato dalla Fed (e quindi dagli Usa) e i cui cambiamenti devono invece essere subiti da tutti: molto banalmente, un classico esempio è la svalutazione del biglietto verde operata ciclicamente dalla Fed per permettere l’aumento delle esportazioni americane e che ha come conseguenza diretta che chiunque possieda un dollaro, quindi ad esempio anche la Banca Centrale Cinese, si trovi con i propri risparmi dal valore colpito senza averne alcun vantaggio diretto come invece può avere l’economia a stelle e strisce. Un meccanismo che soprattutto la Cina ha apertamente criticato anche in passato, ma che ovviamente non piace a nessuno abbia un minimo di cervello oggi.

Accumulare il prezioso metallo giallo potrebbe essere un primo passo per valutare o un ritorno all’oro o costruire una moneta o un sistema alternativo, non necessariamente mondiale ma inizialmente anche solo locale (per quanto non si possa mai definire locale nulla che riguarda il gigante cinese) che metta in crisi il potere non tanto economico, ma politico e direi militare del dollaro. Una possibilità, un progetto forse, ma qualcosa di potenzialmente talmente pericoloso per gli Stati Uniti che hanno sempre fatto di tutto per impedire che altrove nascesse qualcosa del genere: già in passato qualcuno fece una brutta fine dopo aver ipotizzato lo scambio del petrolio non in dollari ma in euro o parlato di moneta per lo scambio africano. Ma un conto è mettere a tacere qualche leader arabo di un paese tutto sommato di seconda fascia, un conto è tentare di bloccare un progetto che nasca dalla volontà delle due classi politiche in questo momento più decise al mondo. Vedremo presto chi avrà ragione e finalmente scopriremo dove porta questa nuova corsa all’oro.

Guido Taietti

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