Roma, 6 apr – “Ci aspetta la settimana più dura e più triste, sarà un Pearl Harbor moment oppure come l’11 settembre”. E’ quanto dichiarato ieri dal capo del servizio sanitario pubblico degli Stati Uniti, Jerome Adams. Parole decisamente forti, scioccanti, che certo non sembrano dipingere scenari ottimistici. Per certi aspetti cozzano con quanto affermato oggi da Donald Trump: “C’è luce alla fine del tunnel!”, ha scritto su Twitter il presidente americano, dopo aver tuonato: “Gli Stati Uniti sono forti”. A ben vedere entrambi stanno guardando un solo lato della medaglia che inquadra i sentimenti contrastanti vissuti adesso dai cittadini statunitensi.
Comprensibile incertezza dettata dal dato più schiacciante. Gli Usa sono il Paese più colpito al mondo dal coronavirus, ovvero quello in cui è stato registrato ad oggi il maggior numero di casi: oltre 330mila persone contagiate, di cui 20mila soltanto nella giornata di ieri e circa 9.500 vittime (1.200 nelle ultime 24 ore). Difficile dire con esattezza perché risultino molti meno morti che in Italia, considerato il più alto numero di contagiati. Ma evitiamo in questo caso di incastrarci nella consueta e ingarbugliata querelle sul criterio adottato per quanto riguarda la tragica conta dei decessi. In ogni caso, se negli Stati Uniti c’è un problema (atavico, ma oggi ancor più evidente) legato alla corsia preferenziale riservata alla sanità privata, la pandemia rischia di assestare anche un colpo drammatico all’economia americana.
La crisi economica più drammatica della storia?
Un quarto di essa è oggi inattiva, fatto mai accaduto prima. Secondo il Wall Street Journal, che ha preso spunto da un’indagine commissionata da Moody’s, più o meno 8 contee su 10 sono in lockdown. Significa che 41 Stati federali hanno adottato misure restrittive simili a quelle italiane. Comprensibile e forse inevitabile, ma sta di fatto che la produzione quotidiana negli States è crollata di circa il 29% rispetto alla prima settimana del mese scorso. Mark Zandi, capo economista di Moody’s Analytics, ha dichiarato che se questo trend dovesse continuare ancora per due mesi il Pil statunitense potrebbe scendere di circa il 75% annuo.
Dati alla mano, secondo il capo dell’agenzia di rating, negli Stati Uniti non si era mai riscontrata una crisi economica così pesante soprattutto rispetto alla prospettive di uscita. Il momento più buio si verificò come noto poco prima del secondo conflitto mondiale, tra il 1929 e il 1933. Durante la Grande Depressione, infatti, la produzione annua americana scese del 26%. “Questo è un disastro naturale – ha dichiarato Zandi – Non c’è nulla nella Grande Depressione che sia analogo a quello che stiamo vivendo ora”.
Eugenio Palazzini