Il ministero degli esteri venezuelano sembra però avere le idee chiare su chi ha scatenato questa ondata di proteste e più volte a TeleSur ha parlato esplicitamente di “ingerenza statunitense”, specificando di avere la certezza di “un piano orchestrato dalla CIA” che starebbe “cospirando contro la patria di Simón Bolívar”. L’espulsione dei diplomatici statunitensi è poi l’ennesima dimostrazione dei rapporti sempre più tesi tra Washingtion e Caracas. Come riportato su Il Primato Nazionale in un precedente articolo, già ad ottobre Maduro aveva cacciato tre rappresentanti del governo Usa con l’accusa di aver “cospirato con le opposizioni alla destabilizzazione della nazione anche attraverso il loro finanziamento finalizzato al sabotaggio dell’economia venezuelana”.
Adesso però, in seguito alle manifestazioni di protesta dell’ultima settimana, il livello dello scontro diplomatico si è alzato ulteriormente con l’intervento diretto di Obama che, durante un vertice degli Stati nordamericani in Messico, ha chiesto “il rilascio immediato di tutti i manifestanti arrestati” e “l’avvio di un dialogo reale nel paese”. Richieste che però il governo venezuelano non ha accolto giudicandole, in un comunicato diffuso dal Ministero degli esteri, “una nuova e grossolana ingerenza negli affari interni del nostro Paese, con l’aggravante di utilizzare come base informazioni false e affermazioni prive di fondamento”.
In tutto questo pesa come un macigno l’accusa del giornalista canadese, Jean-Guy Allard, che, sostenendo di fatto la tesi del governo venezuelano, in un articolo polemico accusa esplicitamente il leader dell’opposizione Leopoldo López di essere un agente della CIA reclutato dai servizi statunitensi durante il suo periodo di studio alla Harvard Kennedy School of Government.
Eugenio Palazzini
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