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Cosa sta succedendo in Niger e perché è un serio pericolo per l’Europa

by Eugenio Palazzini
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Roma, 31 lug – Un colpo di Stato in Africa, di per sé, non è esattamente un fatto clamoroso. Quasi non farebbe più notizia, se non fosse che spesso finisce per generare contraccolpi pericolosi anche per noi europei. Quello che sta succedendo in Niger è però un campanello d’allarme ancora più inquietante, per una serie di questioni che ci riguardano molto da vicino. Andiamo allora con ordine, ricostruendo quanto accaduto nelle ultime ore in questa nevralgica nazione dell’Africa occidentale, per comprendere di conseguenza i rischi che corriamo.

Cosa sta succedendo in Niger

Dopo il golpe del 26 luglio scorso, attuato dalla guardia presidenziale contro il presidente della del Niger Mohamed Bazoum, – attualmente tenuto prigioniero dai militari golpisti – nella giornata di ieri migliaia di manifestanti si sono radunati di fronte all’ambasciata francese a Niamey. Una protesta nella capitale nigerina sulla carta dovuta al fatto che Parigi ha deciso di sospendere gli aiuti in seguito al colpo di Stato. Diversi manifestanti hanno urlato slogan contro la Francia, per poi strappare la targa con la scritta “Ambasciata francese in Niger” e sostituirla con bandiere russe e nigerine. Nel frattempo la folla ha gridato, tra le altre cose, “Viva Putin” e Viva la Russia”.

Immediata la condanna francese. “Qualsiasi violenza contro le missioni diplomatiche, la cui sicurezza è responsabilità dello Stato ospitante”, ha dichiarato il ministero degli Esteri di Parigi. “Le forze nigerine hanno l’obbligo di garantire la sicurezza delle nostre missioni diplomatiche e dei nostri consolati come parte della Convenzione di Vienna”, e “le esortiamo ad adempiere a questo obbligo loro imposto dal diritto internazionale”, ha poi sottolineato Quai d’Orsay. La sede diplomatica francese è stata di fatto attaccata da manifestanti favorevoli ai militari che hanno compiuto il colpo di Stato, rovesciando il presidente eletto Mohamed Bazoum.

Nel frattempo l’Ecowas, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale, ha lanciato un ultimatum di una settimana ai militari golpisti, chiedendo il ripristino dell’ordine costituzionale e del governo presidente Mohamed Bazoum, senza escludere l’uso della forza se ciò non dovesse verificarsi. La stessa organizzazione africana ha poi annunciato l’imposizione di sanzioni economiche “immediate” al Niger. Stamani, via Twitter, l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell ha fatto sapere che l’Unione europea “sostiene tutte le misure adottate da Ecowas come reazione al colpo di Stato avvenuto in Niger e le appoggerà rapidamente e con decisione”. Secondo Borrell “è importante che la volontà popolare espressa attraverso le elezioni venga rispettata”. E’ d’uopo specificare che dell’Ecowas fanno parte 15 Stati dell’Africa Occidentale, tra cui lo stesso Niger. In pratica, 14 nazioni africane si sono espresse duramente contro il golpe compiuto a Niamey.

La posta in gioco e i rischi che corriamo

La posta in gioco è molto alta. Il Niger rappresentava fino a mercoledì scorso una sorta di ultimo “baluardo” per l’Europa, in un’area già fortemente destabilizzata: dalle miniere di uranio necessarie alle centrali nucleari francesi, al contrasto al jihadismo, passando per il fondamentale controllo dei flussi migratori, di carne al fuoco ce n’è sin troppa. Relativamente ai flussi di clandestini, essendo alle porte del Sahara il Niger è sostanzialmente la prima nazione della cosiddetta rotta del Mediterraneo. Come fatto notare da Pierre Jacquemot, ex ambasciatore francese in Kenya, nel Ghana e nella Repubblica democratica del Congo “quello che sta accadendo in Niger è un problema che non riguarda solo la Francia ma anche gli europei e gli americani presenti militarmente nella regione, dove il rischio insicurezza potrebbe aumentare”. Sempre secondo Jacquemot, i russi “pagano i giovani disoccupati, gli danno qualche cartellone, delle bandiere, gli dicono cosa gridare e li mandano davanti alle ambasciate o ai centri culturali francesi. È già successo a Ouagadougou. Lì l’ambasciatore di Francia ha chiaramente visto dei russi tra i manifestanti”.

Ma perché la Russia fomenta queste rivolte? Essenzialmente per due motivi. Il primo, quello più facilmente intuibile, è legato alla guerra in Ucraina: Mosca prova a mettere in crisi l’Europa dove può, ovvero nei Paesi africani che si trovano in una condizione economica drammatica. Sa di poter giocare la carta dell’alternativa possibile. Il secondo motivo è strettamente economico: queste fragili nazioni africane sono uno scrigno di risorse minerarie. Se il Mali è ricco di giacimenti d’oro, il Niger è pieno di uranio.

Eugenio Palazzini

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