Post deliranti, che recitano “la morte è il nostro scopo”, veli integrali su cui campeggia la shahada, la formula di fede dei jihadisti, uomini a volto coperto che imbracciano AK47. E’ quella che viene chiamata “sexual jihad”, ovvero la pratica femminile di unirsi a fazioni ultra fondamentaliste per sposarsi, recare “conforto” ai “soldati di Dio” e votarsi al martirio.
Sebbene alcune foto siano palesemente ritoccate, e sebbene le famiglie stentino a credere al radicalismo delle ragazze, ci sono altri dettagli che non possono essere trascurati. Le due giovani infatti frequentavano assiduamente da alcuni mesi la moschea di Ebu Tejma, imam estremista, ci sono tracce di diverse telefonate con vari uomini e con il cugino di Samra, che avrebbe poi organizzato un passaggio in Germania per farle sposare con altri giovani mussulmani fondamentalisti. Da lì l’imbarco su un volo per Adana, città turca vicino al confine siriano da cui pare sia molto facile entrare nel Paese in guerra (ad ennesima riprova dell’atteggiamento tutt’altro che imparziale di Erdogan). Gli inquirenti austriaci ritengono che al momento si trovino in qualche campo di addestramento, già sposate e conviventi con i loro nuovi mariti.
Secondo fonti dell’intelligence israeliano sarebbero 6000 gli occidentali che combattono insieme ai terroristi. Al di là della tragica vicenda delle due ragazze, il dato è in sé allarmante. Dovrebbe anzi far riflettere sul fallimento delle politiche di integrazione ed immigrazioniste: giovani cresciuti in un ambiente laico, europeo e che fa di tutto (anche il troppo) per essere aperto al dialogo rifiutano ogni forma di mediazione e partono per combattere una guerra terroristica, dettata dal fanatismo religioso.
Valentino Tocci