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Energia, dietro Greenpeace la guerra artica Usa-Russia

by Eugenio Palazzini
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Greenpeace activists try to hinder the hunting of whales by the Kyo Maru No. 2 catcher ship. The banner reads 'Save the whales' in Spanish. Southern Ocean, 11.01.2006Sono stati tutti incriminati per pirateria i trenta attivisti di Greenpeace che lo scorso 18 settembre hanno preso d’assalto la piattaforma petrolifera Prirazlomnaya intenta ad estrarre gas e greggio per conto di Gazprom nel Mare di Pechora, sulla costa artica della Siberia Occidentale. Tra gli attivisti incriminati c’è anche l’italiano Cristian D’Alessandro, che adesso rischia fino a 15 anni di carcere dovendo essere processato in base all’articolo 227 del codice penale russo che prevede una condanna minima di 10 anni per le azioni di pirateria.

Nonostante le richieste di scarcerazione fatte pervenire da molti Paesi europei, Mosca sembra intenzionata a voler dare un segnale forte considerando che il governo russo reputa la zona artica di fondamentale importanza sia per motivi militari che economici: circa un quarto delle riserve mondiali inesplorate di gas e petrolio sono infatti contenute nel sottosuolo del Polo Nord. Ogni Paese nordico, finanche la piccola Islanda, rivendica per sé almeno una fetta di Artico, ma il presidente russo Putin è stato glaciale: “L’Artico è una parte inalienabile della Russia. Lo è stato per secoli e lo sarà per il futuro” ha dichiarato.

Le proteste di Greenpeace vanno quindi al di là dello shock mediatico inserendosi in una nuova guerra fredda, anche in senso letterale considerando il contesto geopolitico in cui si svolge.

Proprio in questi giorni gli Stati Uniti hanno annunciato che entro la fine del 2013 supereranno la Russia nella produzione di gas e petrolio. Un sorpasso dato per certo dal Wall Street Journal che ha riportato le statistiche dell’International Energy Agency (Iea). Nel 2013 gli Usa hanno prodotto circa 22 milioni di barili al giorno di gas naturale e di greggio, contro i 21,8 della Russia che però non ha confermato né questo né altri dati, mantenendo massimo riserbo sulla questione. Per gli Stati Uniti si tratta in ogni caso di un passo avanti significativo nella riduzione di importazioni di energia, considerando che quelle di greggio e gas naturale sono crollate rispettivamente del 32% e del 15%.

La crescita Usa, che potrebbe condizionare anche il prezzo delle fonti di energia, è destinata a ridisegnare la geografia economica mondiale considerando lo stallo nella produzione delle nazioni che storicamente hanno avuto un ruolo chiave nel settore ed è dovuta alle innovative tecniche di estrazione di shale oil e shale gas adottate negli Stati Uniti.

La nuova tecnica di trivellazione, chiamata fracking (fratturazione idraulica), è utilizzata dagli Usa ma non dalla Russia ed è stata fortemente criticata dagli ambientalisti americani che ne hanno in parte limitato l’utilizzo. Eppure Greenpeace negli ultimi due mesi ha attaccato con azioni spettacolari l’unico Paese che non adotta questa tecnica e da cui l’Unione Europea importa oltre il 70% del suo fabbisogno di gas: la Russia.

Eugenio Palazzini

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