Roma, 7 mar — Celebrare la Giornata internazionale della donna insultando tutte le donne (tranne quelle sodomizzate mentalmente dalla dottrina trans-inclusiva, che invece applaudono l’iniziativa), fatto: ci pensa Hershey, la più grande compagnia statunitense di produzione di cioccolata. Per onorare l’altra metà del cielo l’azienda ha pensato bene di chiamare come testimonial l’attivista trans Fae Johnstone. Cioè un uomo.

Un trans testimonial della Giornata della donna 

Non si tratta di un attivista qualsiasi (volutamente senza l’apostrofo): Johnstone è un accanito persecutore dei diritti delle donne biologiche, con una lunga storia di commenti denigratori, in particolare contro le femministe trans-esclusive (chiamate, in maniera denigratoria, Terf) e chiunque osi avanzare critiche verso la teoria gender e i rischi che comporta l’inclusione dei trans negli spazi riservati alle donne.

E’ anche noto per aver pubblicamente attaccato la Dichiarazione dei diritti basati sul sesso delle donne, in cui è stabilito che le donne hanno bisogno di spazi sicuri riservati al proprio sesso biologico. «Sogno un ambiente di discussione politico in quei chi è critico della teoria del genere venga umiliato a tal punto da non poter più parlare in pubblico. Silenziatele», questo il diktat contenuto in un suo famoso tweet.

Invasioni di campo 

Lo scorso dicembre — qualche attento lettore forse se ne ricorderà — avevamo parlato di un’altra invasione di campo dell’attivista trans. Johnstone venne invitato al Durham College di North Oshawa, Ontario, in occasione della cerimonia della Giornata nazionale contro la violenza sulla donna. La Giornata è stata istituita dal Parlamento canadese nel 1991 per onorare le vite spezzate  dal massacro dell’École Polytechnique, avvenuto il 6 dicembre 1989 a Montreal, in Quebec, per mano di Marc Lépine che massacrò 14 ragazze e ne ferì altre 10 persone prima di togliersi la vita.

In quell’occasione alcune femministe protestarono contro pagliacciata rappresentata dalla presenza di uomo travestito da donna sul palco di una commemorazione per una strage di studentesse. «Mi chiedo perché, in questo giorno, dobbiamo ascoltare un uomo vestito con abiti femminili per parlarci della violenza basata sul sesso?», chiese una studentessa. In quell’occasione l’attivista trans non solo non solo si rifiutò di risponderle, ma fece cacciare la ragazza dalla commemorazione.

Un paladino della cancellazione femminile

Mercoledì Johnstone ha twittato con entusiasmo l’annuncio della propria partecipazione allo spot di Hersheys, che in occasione dell’8 marzo ha messo in commercio una barretta di cioccolato dedicata alle donne. A tutte le donne, anche a quelle con il pomo d’Adamo e un bell’arnese in mezzo alle gambe. Soprattutto quelle con il pomo d’Adamo, a giudicare l’impegno con cui Johnstone chiede di silenziare e marginalizzare ad ogni costo chiunque muove critiche alla teoria gender e relativa cancellazione femminile. Le utenti Twitter non l’hanno presa bene, lanciando l’hashtag #HersheyHatesWomen” e invitando tutti a boicottare il marchio. «Non è una donna e non dovrebbe apparire in una pubblicità per la Giornata internazionale della donna», «Che modo vile di insegnare alle ragazze e alle donne il privilegio maschile», questi i commenti più diffusi. 

Cristina Gauri

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

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