Altro dato decisamente impressionante è la disponibilità di posti di lavoro rispetto alla domanda, favorevole di 1,43. In pratica ci sono 143 posizioni disponibili per ogni 100 richieste. Un miglioramento generale dovuto anche al cambio più basso dello yen che ha dato una spinta all’import. Ma non è affatto irrilevante il dato sull’immigrazione, anch’esso considerato negativo dagli economisti di tutto il mondo uniti e che invece risulta ancora una volta determinante per lo sviluppo giapponese: avere pochissimi immigrati (in Giappone sono meno del 2% della popolazione) significa incentivare l’occupazione, non viceversa. E adottare una politica restrittiva sui flussi migratori paga eccome in termini di crescita economica.
Esattamente il contrario di quanto sostenuto ad esempio da un settimanale particolarmente avvezzo ad incensare le politiche pro immigratorie come Internazionale, che ad agosto 2016 sull’economia giapponese titolava così un’accurata inchiesta: “il Giappone senza immigrati è a corto di forza lavoro”. Per poi scrivere: “la combinazione di dure leggi sull’immigrazione e di una forza lavoro in calo ha generato un mercato nero del lavoro”. Ci spiace molto per Internazionale e per i guru del liberismo senza frontiere condito di progressismo piangente: i dati sul lavoro nel paese del Sol Levante dicono proprio il contrario di quanto da loro sostenuto.
Eugenio Palazzini
2 comments
signori una volta più la disciplina nel lavoro vince un’altra volta.
quando si fa una strategia di crescita paese con disciplina dove tutti partecipano e apportano, una buona direzione in carico certamente si arriva a questi risultati .
Complimenti agli amici giapponesi, mi piace la loro coltura.
Il Giappone deve peró risollevare il tasso di natalità, superando la crisi demografica se vuole definitivamente mostrare il dito medio ai liberal occidentali.