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Irruzione Fbi a casa Trump, negli Usa “guerra civile” impazza sui social

by Eugenio Palazzini
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Roma, 10 ago – Per comprendere l’aria che tira negli Usa dopo l’irruzione dell’Fbi a casa Trump, basterebbe osservare termini e locuzioni più cercati dagli utenti americani su Google e sui social. Tra tutti, spiccano le espressioni “civil war” (“guerra civile”) e “lock and load” (“caricare un’arma” da guerra). Torna così lo spauracchio degli Stati Uniti spaccati in due, dilaniati da divisioni politiche e sociali in apparenza insanabili. Aspetti che secondo certe letture mediatiche porrebbero gli States sull’orlo di un conflitto interno, destinato a esplodere nei prossimi mesi con l’avvicinarsi dei venti elettorali e la nuova discesa in campo di Trump.

Trump vittima del sistema? Negli Usa impazza la “guerra civile”

Tutto questo perché la perquisizione dell’Fbi effettuata nell’abitazione del tycoon a Mar-a-Lago, in Florida, è considerata dagli ancora numerosi sostenitori dell’ex presidente americano una violazione inaccettabile, una malcelata volontà di far fuori dalla competizione elettorale il loro beniamino. C’è così chi grida al complotto, tra minacce di reazioni scomposte e “guerra civile” come unica soluzione possibile. “Io ho già comprato le munizioni“, scrive un utente su Twitter. “È un attacco politico orchestrato da Biden“, cinguetta un altro. E ancora: “Negli Stati Uniti non avremo più elezioni“. Il popolo trumpiano, almeno la parte di questo più esagitata, continua insomma a pensare che The Donald sia vittima del sistema, non parte di esso.

Fondati sulle contraddizioni

I democratici e i repubblicani “tradizionalisti”, continuano viceversa a bollare Trump come il principale nemico dello status quo Usa. Colui che potrebbe minare definitivamente la consolidata democrazia a stelle e strisce. Evocano così parallelismi continui tra la situazione attuale e l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Una seconda guerra civile – dopo quella ottocentesca – in un certo qual modo auspicabile per taluni e del tutto da scongiurare per tutti gli altri. A ben vedere però permane un riflesso condizionato generale, semplicistica reazione all’incapacità degli Stati Uniti di pensarsi oggi orgogliosi di se stessi. La verità è che il sogno americano è già affondato da anni, se non decenni, ma sopravvive e continua a cibarsi delle proprie macerie. E’ d’altronde questa l’essenza di un Paese fondato sulle contraddizioni, che per quanto oggi possano sembrare particolarmente evidenti, non hanno mai minato davvero quel sistema politico. Difficile pensare che una società di per sé atomizzata venga affossata dall’istinto social.

Eugenio Palazzini

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