Londra, 2 gen – Non passa mese in cui la cosiddetta “mascolinità tossica” (e bianca) di James Bond non venga messa sotto assedio dai sostenitori del pensiero unico. Prima fu il turno dello 007 di colore: sembrava che la vita sul pianeta Terra non potesse continuare senza l’abbattimento dello stereotipo di un Bond bianco. Venne proposto e acclamato per il ruolo l’attore afro-britannico Idris Elba, se ne parlò per qualche settimana e tutto finì in un nulla di fatto. Poi le femministe, a caccia dell’ennesima superflua battaglia da combattere, decisero che il mondo aveva bisogno di una 007 donna. Anche in questo caso, rimasero inascoltate.
È invece di qualche giorno fa la dichiarazione dell’attore Dominic West in un intervista sul The Sunday Times Magazine: il protagonista di The Wire, presumibilmente pungolato alla schiena da qualche lobby lgbt, ha affermato che il prossimo James Bond dovrebbe essere nientemeno che una donna transgender. L’attore ha anche suggerito un nome per il ruolo: si tratta del capitano Hanna Graf, il militare trans di grado più elevato di tutto l’esercito britannico. “È una bellissima ragazza e potrebbe essere perfetta per interpretare Bond. Dovrebbe esistere un Bond transgender perché nell’esercito ce ne sono parecchi”.
Giubilo istantaneo da parte dei media allineati, la proposta fa il giro del mondo, ma la risposta secca (e coraggiosa, visti i tempi che corrono) della produzione della fortunata serie cinematografica zittisce tutti: “Bond è un uomo. È un personaggio maschile. È stato scritto pensando a un uomo e pensiamo che rimarrà tale. E va bene così. Non dobbiamo trasformare personaggi maschili in donne. Piuttosto, creiamo più personaggi femminili e facciamo sì che la storia si adatti a loro.” Meglio così. Uno 007 in preda alla depressione da picco ormonale, non siamo certi ci sarebbe piaciuto.
Cristina Gauri