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La Siria, la propaganda, e la lotta per la libertà

by Mattia Pase
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Damasco, 28 feb – Non ruggiscono ma ringhiano, rabbiosi e risentiti, i conigli dell’Occidente, quelli che da anni ripetono il mantra “Assad must go”, e che hanno assistito impotenti alla riconquista di città e provincie da parte del legittimo governo siriano. Perchè, non va dimenticato, la Siria ha un Governo e un Presidente che godono del consenso di una parte importante, per non dire maggioritaria, della popolazione. E’ infatti difficile immaginare che Bashar al Assad non goda di questo consenso, senza il quale sarebbe stato pressochè impossibile resistere a sette anni di guerra civile, contro un’opposizione spietata, organizzata, e sostenuta a livello politico, diplomatico e militare da diversi Paesi arabi, dalla Turchia e dagli Stati Uniti. Nonchè, di fatto, da Israele.
E guarda caso, con l’esclusione della zona del Ghouta orientale, tutte le aree ancora sotto il controllo di formazioni ribelli si trovano a ridosso dei confini settentrionali e meridionali della Siria. E guarda caso – di nuovo – è stata la città di Dara’a, a pochi chilometri dal confine con la Giordania, quella in cui le proteste iniziali si sono trasformate in guerriglia. Proprio quella Giordania in cui si riuniva, sin dal 2011, un comitato cui partecipavano le monarchie del Golfo e gli emissari dei servizi segreti occidentali.
La loro rabbia si scaglia oggi contro l’offensiva scatenata dall’esercito regolare verso i territori a est di Damasco, controllati da milizie jihadiste sostanzialmente paragonabili ai Talebani dell’Afghanistan, solo che in quel caso nessuno si straccia le vesti se il governo di Kabul organizza campagne militari per recuperare alla sovranità nazionale le provincie sotto controllo islamista.
A ben guardare, una differenza c’è: la stragrande maggioranza dei Talebani è composta da Afghani, mentre molti dirigenti e quadri delle bande che combattono Assad non sono affatto Siriani. Guerra civile fino a un certo punto, insomma.
Verissimo: i civili del Ghouta hanno pagato, e pagheranno, un prezzo molto alto. Ma i civili che oggi muoiono sotto le bombe sono vittime in primo luogo delle milizie integraliste che li hanno “governati” negli ultimi anni, imponendo forme medievali di Sharia, che nei loro piani sarebbero dovute diventare le leggi dell’intera Siria, una volta abbattuto Assad. E se domani la Toscana o la Puglia venissero occupate militarmente da gruppi terroristici, per giunta comandati da stranieri, e se questi gruppi da lì sparassero razzi e colpi di mortaio contro le città dell’Umbria o della Basilicata, nessuno negherebbe il diritto dello Stato Italiano di riprendere con la forza il controllo di quelle regioni. Oddio, qualcuno forse lo troveremmo, ma preferiamo pensare di no.
Esistono svariate testimonianze che ci raccontano come ad Aleppo Est la popolazione civile fosse tenuta in ostaggio dalle bande armate che combattevano il governo. E altrettante testimonianze di come i miliziani abbiano impedito ai civili di approfittare delle tregue umanitarie per rifugiarsi nei territori controllati delle forze governative. Sta succedendo, e succederà, la stessa cosa anche nel Ghouta orientale. Perchè solo se i terroristi potranno mostrare le foto delle vittime dei bombardamenti avranno qualche speranza di sopravvivere all’offensiva. Così si spiega, ad esempio, il lancio di granate effettuato oggi sui corridoi aperti dal governo per permettere ai civili di fuggire dai bombardamenti.
Fra l’altro, in quella provincia, a differenza di quanto accaduto in altri quadranti, il farsesco Free Syrian Army non esiste neanche sulla carta. La zona del Ghouta è totalmente sotto il controllo di formazioni estremiste. Non si capisce quindi per quale motivo il governo siriano dovrebbe accettare l’esistenza di questa minacciosa sacca salafita alle porte della Capitale.
Per chi ancora nutrisse dei dubbi, legittimi vista la guerra propagandistica in atto, vale la pena di ricordare che le fonti dell’Occidente non sono indipendenti, visto che – come ricorda il giornalista britannico dell’Independent Robert Fisk, profondo conoscitore del Medio Oriente – a nessun giornalista è consentito di entrare nelle zone occupate dai ribelli, a meno che non sia disposto a farsi decapitare. Le fonti sono i cosiddetti White Helmets, ovvero l’organizzazione islamista che si occupa di intervenire in soccorso dei feriti dopo i bombardamenti dell’aviazione siriana. Nessuno nega che ci voglia comunque del fegato a intervenire durante un attacco aereo, ma l’ideologia dei White Helmets è l’integralismo islamico, e riesce pertanto difficile considerarli fonti imparziali.
Le fonti sono le note diffuse dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, che ha sede a Londra e che è composto, di fatto, da un unico signore, oppositore del governo da tempo immemore, che da lustri non mette piede in Siria.
Le fonti sono gli Stati che per una serie di ragioni politiche ed economiche auspicano la caduta di Assad. Dare credito a queste fonti equivale a credere alla versione sovietica in merito alla rivolta d’Ungheria o alla Primavera di Praga. E la storia ha ampiamente dimostrato quale fosse la verità.
E se il dubbioso non fosse ancora soddisfatto, gli si può far notare – citando nuovamente un’intuizione di Robert Fisk – che nelle foto e nei video provenienti dal Ghouta orientale, ma lo stesso valeva per Aleppo un anno e mezzo fa, non si vedono mai armi. Come se nell’intera provincia non ci fossero milizie ben armate e organizzate, ma solo poveri civili, vittime della brutalità del Regime. E non si spiegherebbe allora chi diavolo sia a opporre una durissima resistenza all’esercito, che evidentemente combatte da solo, né chi tempesti quasi quotidianamente di razzi e colpi di mortaio la zona sotto controllo governativo. Si tratta, banalissimamente, di forme di propaganda, studiate per fare colpo sull’opinione pubblica occidentale, portandola a sostenere eventuali iniziative anti-siriane delle rispettive cancellerie.
Nessuno nega che sia in corso una tragedia, né tanto meno che i civili siano le prime e più numerose vittime di quella tragedia. Semplicemente, quando leggiamo di ospedali rasi al suolo, di attacchi con armi chimiche su bambini indifesi, e di atrocità di vario genere commesse dall’esercito siriano, che in questo conflitto ha perso più di centomila uomini, sforziamoci di capire chi sono le fonti cui ci affidiamo, e cosa sta veramente succedendo su quella sponda del Mediterraneo.
Altrimenti, fra trenta o quarant’anni, se mai dovessero vincere le milizie islamiste, ci troveremo nella scomoda posizione di un Presidente Emerito della Repubblica Italiana, costretto a fare mea culpa per aver sostenuto le ragioni di chi ha soffocato la libertà di un popolo, a discapito di chi quella libertà l’ha difesa a costo della vita.
Mattia Pase

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La Siria, la propaganda, e la lotta per la libertà | Mondolibero 28 Febbraio 2018 - 11:46

[…] Mattia Pase – Il Primato Nazionale […]

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La Siria, la propaganda, e la lotta per la libertà | NUTesla | The Informant 28 Febbraio 2018 - 12:01

[…] Author: Il Primato Nazionale […]

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Raffo 28 Febbraio 2018 - 1:43

Ottimo articolo,totalmente condivisibile……….. Purtroppo essendo la nostra informazione generalista serva e collusa con il mondo sinistro e piddino , siamo tenuti all’oscuro da come i civili siriani siano usati dai cani bastardi integralisti islamici come scudi umani e carne da macello…………..ovviamente anche il buon assad ha le sue colpe poiché a forza di proteggere frange terroriste e bombaroli maomettani vari si è pesantemente tirato la zappa sui piedi……….

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Tony 28 Febbraio 2018 - 2:12

……..”da lì sparassero razzi e colpi di mortaio contro le città dell’Umbria o della Basilicata, nessuno negherebbe il diritto dello Stato Italiano di riprendere con la forza il controllo di quelle regioni. Oddio, qualcuno forse lo troveremmo……..”
….Trovato….L & U…..

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