Roma, 19 set – Domenica 13 settembre 2015 si sono svolte le elezioni amministrative nella Repubblica del Nagorno-Karabakh (NKR), entità statale la cui indipendenza e sovranità territoriale non è stata riconosciuta a livello internazionale e reale motivo di conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian, repubbliche della regione del Caucaso meridionale sorte dalle ceneri dell’Unione Sovietica come paesi indipendenti nel 1991.
Le elezioni sono state etichettate dal governo di Baku come illegittime perché organizzate all’interno della NKR considerata territorio facente parte dell’Azerbaigian sottratto con la forza da parte dell’Armenia; le autorità azerbaigiane hanno espresso il proprio risentimento e ribadito le proprie posizioni in merito a tali elezioni, considerate inoltre un rafforzamento della politica di occupazione armena ed un continuo mancato interesse da parte del Governo di Yerevan di risolvere pacificamente il conflitto (Cfr. Le elezioni del Karabakh: nuovo motivo di contesa tra Armenia ed Azerbaigian).
Come evidenziato dalle dichiarazioni del ministero degli Esteri azerbaigiano, è soltanto grazie alla direzione e controllo dell’Armenia che la NKR è stata in grado di sopravvivere fino ad oggi ricevendo supporto militare, finanziario e politico, affermazioni che trovano conferma anche nella sentenza espressa dalla Corte Europea dei Diritti Umani lo scorso 16 giugno 2015 per quanto riguardava il “caso Chiragov ed altri contro l’Armenia” (Cfr. Nagorno-Karabakh: Strasburgo dà ragione all’Azerbaigian).
Differenti le posizioni sia dell’Armenia che del NKR i quali, come ribadito dal “ministro degli Esteri della NKR” a seguito delle elezioni, ritengono le votazioni parte del processo democratico attuato all’interno del territorio del Karabakh e negano le accuse di occupazione perpetrate dell’Azerbaigian.
Le elezioni hanno visto l’interesse della comunità internazionale la quale ha ribadito il mancato riconoscimento della NKR come entità statale, negandone quindi la legittimità dal punto di vista legale e del diritto internazionale.
Ad esempio, tramite le parole del Portavoce della Commissione Europea, Maja Kocijancic, è arrivata la condanna dell’Unione Europea; commentando anticipatamente le votazioni previste per il 13 settembre, il rappresentante europeo ha dichiarato che l’Unione non riconosce gli aspetti costituzionali e legali per i quali sono state programmate le elezioni e simili procedure non possono pregiudicare la determinazione del futuro status del Nagorno-Karabakh o non possono avere un impatto negativo sui negoziati di pace.
L’11 settembre l’Islamic Educational, Scientific and Cultural Organization (ISESCO) si è pronunciata in favore dell’Azerbaigian ed ha condannato le elezioni nei territori definiti “occupati” del Nagorno-Karabakh. Secondo quanto espresso dall’organizzazione tramite un comunicato, tali elezioni violerebbero il diritto internazionale e non rispetterebbero le quattro risoluzioni delle Nazioni Unite adottate durante il conflitto in NGK del 1992 – 1994. Allo stesso modo l’ISESCO ha condannato la sistematica distruzione di moschee, monumenti ed altri elementi caratteristici della cultura azerbaigiana e della religione islamica, azioni condotte da parte delle forze armene le quali occupano il territorio con il continuo tentativo di attentare l’identità della regione e della popolazione locale. Per tali motivi l’ISESCO ha continuato ad esprimere il suo supporto all’Azerbaigian nella disputa territoriale con l’Armenia.
Il giorno seguente la condanna delle elezioni è pervenuta anche da parte dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) la quale, in un comunicato ufficiale, ha etichettato le elezioni del 13 settembre illegali e contro le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ribadendo anch’essa il supporto all’Azerbaigian nel conflitto e nella disputa territoriale con l’Armenia.
L’OSCE si è pronunciata in merito a tale controversia confermando la posizione espressa dal Gruppo di Minsk lo scorso 30 aprile 2015 la quale riconosce il ruolo della popolazione del NGK nel decidere il proprio futuro, però evidenziava come né l’Armenia e né l’Azerbaigian, come nessun altro paese al mondo, hanno riconosciuto ufficialmente l’indipendenza e la sovranità della Repubblica del Nagorno-Karabakh. Seguendo quanto dichiarato, l’OSCE ha ribadito di non accettare i risultati di queste elezioni le quali interessano lo status legale del Nagorno-Karabakh ed ha sottolineato come tali votazioni non pregiudicheranno il proseguimento delle negoziazioni e del processo di pace.
Giovedì scorso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti tramite le parole del portavoce John Kirby ha affermato che, seppur riconoscendo il ruolo della popolazione del NGK nel determinare il loro futuro tramite le elezioni, non può riconoscere i risultati di tali votazioni come anche l’indipendenza e la sovranità dello Stato. Per quanto riguarda gli scontri che si sono registrati sulla linea di confine tra Armenia ed Azerbaigian e l’escalation di tensione del mese di agosto, gli Stati Uniti hanno criticato sia il Governo di Yerevan come quello di Baku affermando di aver ricevuto report credibili sull’utilizzo da entrambe le parti di armi pesanti (Cfr. Armenia – Azerbaigian: torna a scaldarsi la linea di confine). In merito al conflitto il co-presidente statunitense del Gruppo di Minsk, ambasciatore James Warlick, ha interrogato i propri follower tramite i social media sulla possibile esistenza in Armenia e Azerbaigian di una figura come quella di Abramo Lincoln il quale possa portare la pace e la riconciliazione nella regione a dimostrazione di una reale necessità di proseguire il processo di pace.
Il conflitto tra i due stati del Caucaso meridionale è iniziato nel 1988 dopo le rivendicazioni territoriali dell’Armenia nei confronti dell’Azerbaigian; le tensioni hanno portato allo scontro armato nel 1992 terminato con la firma del cessate il fuoco nel 1994. I due anni di guerra hanno permesso alle forze armene di ottenere il controllo del 20% del territorio azerbaigiano, rappresentato dal Nagorno-Karabakh e da sette distretti limitrofi, considerato da parte del Governo di Baku come una occupazione e minaccia alla sovranità territoriale. A partire dal 1994 l’OSCE ha creato il Gruppo di Minsk presieduto da Francia, Russia e Stati Uniti il quale avrebbe dovuto favorire il processo di pace, obiettivo ancora molto difficile da raggiungere.
Anna Lotti
Le elezioni in Nagorno-Karabakh e le reazioni della comunità internazionale
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