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L’economia finlandese comincia a scricchiolare

by Giuseppe Maneggio
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Problemi di competitività e di crescita stanno colpendo anche la Finlandia. Il governo di Helsinki varerà a breve riforme sociali e un pacchetto di austerità

Helsinki, 23 gen – La Finlandia è uno di quei pochi paesi facenti parte dell’Unione Europea considerato tra i più virtuosi. Gode anche del massimo rating da parte delle agenzie, quella tripla A, ormai un sogno per la stragrande maggioranza dell’Area. Eppure qualcosa comincia a non funzionare come dovrebbe: il tasso di disoccupazione è salito nel mese di novembre al 7,9% dal 7,4% di ottobre (+1% rispetto ad un anno fa); Pil in contrazione rispetto alle altre realtà scandinave +1,3% contro il +3% della Norvegia e il +2,3% della Svezia. Certo, pur sempre un miraggio per le stremate economie del Sud Europa.

Una delle aziende trainanti del paese, Nokia, ha ceduto lo scorso anno a Microsoft le sue attività principali, mentre l’industria della foresteria è in crisi, a causa del passaggio dai libri e giornali cartacei a quelli digitali.

Ma non sono soltanto questi dati a preoccupare, la Finlandia è stato il paese con la maggiore crescita del costo del lavoro in era euro. Lo stesso commissario agli Affari monetari, Olli Rehn, anch’egli finlandese, ha di recente affermato in Italia che anche il suo paese dovrebbe intervenire con aggiustamenti sul mercato del lavoro. Un costo del lavoro così alto ovviamente incide sulle esportazioni, poco competitive e conseguentemente sulla bilancia commerciale.

Per di più le prospettive nel breve termine non sono incoraggianti, come ha ammesso lo stesso premier Jyrki Katainen. Katainen, tra i più giovani premier europei (42 anni), è un conservatore a capo di una sorta di “governo delle larghe intese” con i socialdemocratici dal 2011. Intesa di governo tra centro destra e centro sinistra resasi necessaria per evitare di stringere un accordo alla sua destra con il partito nazionalista ed euroscettico dei Veri Finlandesi (Perussuomalaiset) che aveva ottenuto il 19% dei consensi alle ultime politiche.

Katainen, per far fronte a questo rallentamento dell’economia finlandese, ha già annunciato il varo di un pacchetto di misure di austerità, che dovrebbero includere anche aumenti delle tasse, oltre che tagli alle spese.

E il ministro delle Finanze, Jutta Urpilainen, socialdemocratica, dopo avere rivendicato la difesa dello stato sociale, ha anche avvertito che questo modello deve essere riformato, immaginando un welfare sostenibile per il futuro. Helsinki potrebbe così arrivare a riformare le pensioni entro un anno o al massimo due, per cercare di porre rimedio a un comparto della spesa pubblica, sotto il mirino degli organismi sovranazionali.

Dire che la Finlandia è in crisi appare certamente fuori luogo, ma la sua economia ha alcuni evidenti problemi e l’austerity necessaria per rispettare i criteri del Patto di stabilità potrebbe avere impattato negativamente nel breve termine. Più in generale, il paese ha un problema di competitività e adesso è chiamato a riformare il suo generoso stato sociale, similmente a quanto è accaduto nel resto della Scandinavia. Con buona pace del tanto decantato modello socialdemocratico scandinavo.

Giuseppe Maneggio

 

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