Tripoli, 10 ott – Sequestro lampo per Ali Zeidan. Fonti governative annunciano rilascio del premier libico, ma è giallo sul mandato di cattura. Si è conclusa in giornata la concitata vicenda del rapimento del primo ministro, che in un tweet spiega: “Sto bene, volevano mie dimissioni”.
Intanto la Procura generale di Tripoli ha annunciato che saranno perseguiti i colpevoli di tale “arresto illegale” non supportato da alcun mandato, che sarebbe, in ogni caso dovuto essere corredato da una revoca parlamentare della immunità, prevista per le massime cariche dello stato.
Il governo appare tuttavia stabile, il vice premier Siddiq Abdel Karim ha dichiarato che il sequestro “non avrà effetti sulla legittimità dello Stato libico e delle sue istituzioni” ha inoltre condannato “questi atti criminali, contrari agli interessi del Paese e agli obiettivi della rivoluzione del 17 febbraio”.
Resta la grande incognita della paternità dell’azione attribuita a due dei maggiori gruppi di ex rivoluzionari, la “Camera dei rivoluzionari di Libia” e la “Brigata di lotta contro il crimine”, che dipendono, in teoria, dal ministero della Difesa e dell’Interno e che ad ora potrebbero essere dichiarati ostili al governo e smobilitati, si pensa non senza una risoluta azione di forza, in quanto dalla caduta del regime del rais Gheddafi i gruppi combattenti hanno occupato sia posti di potere nelle neonate istituzioni libiche, sia vere e proprie piazzeforti nella capitale e nelle zone rurali della regione, andando a costituire spesso feudi militarizzati e difficilmente controllabili.
Nello specifico il gruppo armato ‘Camera dei rivoluzionari di Libia’ ha rivendicato la paternità dell’ azione, parlando però non di rapimento ma di arresto, in quanto considera Zeidan complice della cattura – da parte degli Usa – di Abu Anas al-Libi, uno dei leader di al Qaida. “Il suo arresto giunge dopo una dichiarazione di John Kerry sulla cattura di Abu Anas al-Liby, dopo aver detto che il governo libico era al corrente dell’operazione”, ha detto un portavoce del gruppo riferendosi al Segretario Stato americano.
Il gruppo di ex-ribelli ha reso noto che l’arresto del premier libico Ali Zeidan ” è avvenuto su ordine della Procura generale”. Ma l’ufficio del procuratore generale di Tripoli ha smentito di aver emesso un mandato di arresto per il primo ministro Ali Zeidan. Nella mattinata però il portavoce del dipartimento anti-crimine del ministero degli Interno, Abdel Hakim Albulazi, aveva dato un’altra versione, si parlava infatti, di una “custodia per un mandato di arresto emesso dal dipartimento” e si diceva che il premier era “in buona salute, trattato bene come qualsiasi cittadino libico”.
C’è chi parla di uno scontro di poteri in atto tra i vari ministeri libici.
La caotica situazione libica pare aver suscitato l’attenzione anche del governo italiano che in queste ore si è riunito per un vertice a palazzo Chigi. Con Letta partecipano i ministri Angelino Alfano (Interno), Emma Bonino (Esteri) e Mario Mauro (Difesa). Sono inoltre presenti i vertici dei Servizi Segreti. Mentre presso lo Stato Maggiore della Difesa stamane si è svolta una riunione tra il ministro della Difesa, Mario Mauro, e i vertici militari per “monitorare la situazione libica in raccordo con la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero degli Affari esteri”.
Anche la Gran Bretagna sembra volersi interessare dell’ “affare” libico tanto che in un tweet il ministro degli esteri britannico William Hague ha dichiarato d’aver telefonato al vicepresidente americano John Kerry per fare il punto sulla situazione tanto in Libia, quanto in Siria.
Anche la Nato sarebbe pronta ad intervenire per salvaguardare le istituzioni democratiche in Libia “ma sta al Paese chiederlo” dichiara il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen – “La stabilità e il pieno rispetto della legge in Libia è importantissimo”. Nelle basi Nato del mediterraneo c’è massima allerta e a Sigonella staziona, pronto ad intervenire il gruppo speciale anti crisi dei marines nel caso si rendesse necessario un intervento di salvataggio del personale occidentale, possibile oggetto delle minacciate rappresaglie degli integralisti islamici.
Alberto Palladino