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Il pugno duro del Giappone contro gli stranieri maleducati: un esempio da seguire

by Chiara Soldani
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Tokyo, 12 mar – Il Giappone e il suo volto gianobifrontico. Se da una parte il Paese del “kawaii – carino”, dei manga, inchini a profusione e volti sorridenti sembra sprizzare simpatia ed accoglienza da tutti i pori, dall’altro rivela una condotta rigida, un codice etico e comportamentale non scritto ma severo, una tolleranza ben al di sotto della media generale. Così, dopo aver “aperto le sue porte” a lavoratori stranieri per ringiovanire una popolazione afflitta da crisi demografica perenne, il Paese del Sol Levante presenta un piano stringente contro stranieri (e turisti) irrispettosi della cultura nipponica: e soprattutto maleducati.

Che integrarsi in Giappone sia un’impresa da sempre ardua, è un dato di fatto: per accedere ai corsi universitari, bisogna superare test difficilissimi sull’alfabeto kanji (quello ideogrammatico) e nel mondo del lavoro, un “non giapponese” deve dimostrare di meritarsi il posto almeno il doppio rispetto a un nipponico doc: dura lex sed lex. Quindi sorprende relativamente, per chi conosce e comunque accetta le dicotomie in salsa orientale, la stretta messa in atto da operatori turistici e non. Il quotidiano Asahi Shimbun riferisce che molte strutture ricettive stanno già rifiutando gruppi di viaggiatori stranieri “a causa delle loro cattive maniere e comportamenti disgustosi”. Il tutto si fonda non sul razzismo di cui sempre si parla non appena si menziona il Giappone, bensì su una serie interminabile di episodi di cui si sono resi protagonisti ospiti sgraditi.

Dai luoghi di culto “profanati” da schiamazzi e immondizia (come il tempio di Nanzoin a Sasaguri nella prefettura di Fukuoka, celebre per il suo grande Buddha disteso) ai luoghi pubblici, i giapponesi stanno affiggendo annunci anche in 12 lingue (dato inusuale in un Paese poco avvezzo persino all’inglese) per redarguire i turisti invitandoli non troppo velatamente a “girare largo”: per la serie “ospiti indesiderati e come allontanarli”. Dai sacerdoti buddisti che respingono, da circa 3 anni, comitive di turisti seppur con risultati deludenti, si arriva al proprietario di un pub di Kyoto ormai esausto della “cafonaggini straniere”: “Voglio che Kyoto smetta di fare campagne pubblicitarie per i turisti stranieri”, ha dichiarato perentorio, motivando la sua decisione drastica. Dello stesso tenore, i sacerdoti del tempio di Yatsushiro nella prefettura di Kumamoto: avvisi che “invitano” i visitatori a rispettare le regole locali (anche se, in realtà, vorrebbero direttamente abolire le gite turistiche).

Un esempio da seguire

Il Giappone si prepara al grande appuntamento delle Olimpiadi del 2020: Takao Ikado, professore di gestione del turismo presso l’università di Takasaki, ha detto che “i governi centrali e locali del Giappone dovrebbe informare i turisti sulle regole che devono essere rispettate nel paese, come la pulizia e il silenzio in alcune circostanze”. I più non lo sanno, ma in Giappone esistono persino regole di comportamento da tenere in metro: divieto di soffiarsi il naso (motivo per il quale ci si serve delle celebri mascherine), evitare di truccarsi, leggere il giornale per non “usurpare spazio” al vicino di posto, non parlare ad alta voce al telefono. Regole di mutuo rispetto ignare al mondo occidentale: e gli esempi, pure in questo caso, si sprecano.

Anche in Italia sarebbe opportuno adottare misure più severe per punire turisti cafoni. Come quelli che lo scorso agosto si sono letteralmente picchiati per accaparrarsi un selfie alla fontana di Trevi o come gli inglesi che si sono “tuffati” nelle vasche dell’Altare della Patria. Una serie di “bagni proibiti” stile La dolce vita e altri episodi spiacevoli e oltraggiosi del nostro patrimonio culturale e artistico. Il Giappone sarà pure un Paese severo (a dispetto dell’immagine da cartone animato vivente), ma questo non può che rafforzare l’amore e il rispetto encomiabile per i propri luoghi, dunque per la propria identità. Del resto, come per il sempreverde discorso su “integrazione e accoglienza”, è l’ospite a doversi adattare alle regole del Paese ospitante. Una lezione che il Giappone mette perfettamente in pratica, come è giusto che sia.

Chiara Soldani

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3 comments

Dario 12 Marzo 2019 - 5:14

… E in culo a tutti i no borders….

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max 12 Marzo 2019 - 5:25

Non hanno fatto passare nessuna legge in merito, nemmeno in Giappone. La maggior parte dei turisti, sono cinesi e coreani, come la maggior parte di coloro che vanno in Giappone a lavorare, noi italiani siamo una minoranza rumorosa, ma pur sempre una minoranza. Quando faranno passare una legge sull’etica giapponese in Giappone, allora si potrà dire e fare certi discorsi e certi articoli sul Giappone, ma fino a quel momento, questo loro atteggiamento , è solo un invito a non andare in Giappone, e quindi perdere un mercato turistico notevolmente aumentato negli ultimi anni, e annichilire una politica anti- deflazione che rende il Giappone sofferente a riguardo dei consumi. Pure i samurai si sono adeguati al cambiamento delle nuove ere moderne, con l’avvento del nuovo imperatore, vedremo se il Giappone rimane chiso nella politica autartica, post anni 80, oppure espanderanno i loro interessi come Cina e Corea.

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