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Tratta di uomini: la testimonianza del nigeriano Seun Femi raccolta dalla Bbc

by Emmanuel Raffaele
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Roma, 24 giu – Quello che sta facendo lo Stato italiano, le operazioni che a gran voce la sinistra italiana difende e chiama “salvataggi” per lavarsi la coscienza, quello di cui la destra italiana, senza clamore, di fatto è complice, non è molto diverso nelle sue logiche dall’essere in affari con i più grossi narcotrafficanti sulla scena internazionale. Proprio quei salvataggi, infatti, non sono altro che l’ultimo anello di una catena che fa parte di una grossa tratta internazionale di uomini, un import/export di persone che arrivano dall’Africa condotta da organizzazioni criminali allogene e, come abbiamo visto – ad esempio in occasione dell’operazione Johnny, che ha condotto all’arresto di centinaia di persone in Calabria aderenti ad una cosca che viveva anche sul business dei migranti -, anche locali che il governo italiano, continuando ad assecondare, non sta facendo altro che alimentare.

L’ennesima conferma di questa tratta è andata in onda in un servizio di pochi giorni fa della Bbc Africa, in cui viene raccolta la testimonianza di uno dei tanti giovani africani che tentano di raggiungere l’Europa, perlopiù pentendosene, come è capitato a Seun Femi, di professione tassista, che alla fine è tornato in Nigeria.
“Ogni giorno per quattro mesi, i carcerieri di Seun Femi lo picchiavano in una prigione improvvisata in Libia”. “La guardia mi avrebbe picchiato fino a stancarsi”, ha raccontato Seun, che ha riportato diverse fratture in occasione di alcuni pestaggi subiti ma che, ammette, avrebbe potuto andare peggio, avendo assistito a “sessioni” simili che si concludevano soltanto con la morte della vittima.

“Pensavo che sarei morto in quella prigione”, ha spiegato. La sua storia, però, non è isolata. Anzi, è la stessa storia di decine di migliaia di giovani africani che, come lui, fanno parte di una tratta che soltanto i trafficanti hanno convenienza ad alimentare. L’Organizzazione Internazionale per l’Immigrazione – secondo la Bbc – avrebbe fornito una stima secondo la quale circa un milione di persone si troverebbero in Libia, pronti ad attraversare il Mediterraneo, in attesa delle navi governative pronti a “salvarli” o di quelle delle Ong che, in nome di un’ideologia che vuole la sostituzione, spesso non si fanno scrupoli a prendere contatti direttamente con i trafficanti per aiutarli nello “smercio” di uomini, come hanno ormai documentato diverse procure siciliane e indagini giornalistiche.

L’imprigionamento che avviene regolarmente ad un certo punto del viaggio è finalizzato ad estorcere quanto più denaro possibile. Seun insieme ad altri senegalesi, nigeriani e ghanesi si è ritrovato in un’affollata prigione libica. Qui avrebbe fatto la sua comparsa anche “Rambo”, il personaggio accusato di torture e omicidi arrestato in Italia circa una settimana fa, anche se la Bbc spiega che non è possibile avere la certezza si tratti della stessa persona. A un certo punto Seun, ha dovuto chiamare i suoi familiari e costringere la sua ragazza a vendere l’auto per recuperare i 500 dollari necessari alla sua liberazione. Soldi da versare su un conto bancario in Nigeria e che ha dovuto attendere tre mesi per recuperare. Mesi di interminabile prigionia. Mesi conclusi, dopo altre piccole estorsioni, con l’arresto da parte della polizia libica ed il rimpatrio. Ora, in Nigeria, sta tentando di riprendere con il suo lavoro da tassista, racconta ai reporter della Bbc e si pente della decisione presa di partire per l’Europa. “Il deserto è un luogo così pericoloso”, dice. “Molte persone sono morte nel corso del viaggio. Nessuno dovrebbe seguire quel percorso”.

Poche ora fa, sempre la Bbc Africa, si è poi recata a Badibu Saaba, nel Gambia, uno dei paesi più poveri al mondo. In questo villaggio quasi tutti i maschi adulti sono partiti per l’Europa. Per questo Paese, con gli attuali flussi di emigrazione, semplicemente non c’è futuro, se non lo sfruttamento da parte dell’Occidente o di altri potenze economiche mondiali.

Emmanuel Raffaele

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