I tre sono tutti membri della setta islamica Dawoodi Bohra, originaria dell’India i cui membri sono soliti utilizzare la pratica. Ad Aprile del 2016 il leader spirituale della Dawoodi Bohra ha, come riporta il Times of India, invitato i suoi fedeli ad eseguire la mutilazione genitale di nascosto nei paesi dove essa è illegale. Come si legge sulla denuncia, la dottoressa Nagarwala è stata identificata da due ragazzine, entrambe di sette anni, provenienti dallo stato del Minnesota e portate da un genitore a Detroit per “una gita”. Qui hanno subito la visita della dottoressa con la scusa di “rimuovere i germi”, dalla testimonianza si evince che l’operazione riguardava i genitali delle due bambine. Una delle due ha dichiarato agli investigatori di aver sentito un dolore tale da “non riuscire quasi più a camminare” dopo l’operazione. Sempre dalla testimonianza delle ragazze, queste sarebbero state invitate a non parlare con nessuno di quanto successo. Un medico forense ha esaminato le due ragazze e ha confermato che queste hanno subito gravi danni ai genitali. La Nagarwala si è difesa al processo asserendo di aver solo “rimosso della membrana”. La moschea cui appartengono i tre ha dichiarato di condannare il gesto e di voler collaborare con le autorità.
Secondo gli investigatori è probabile che almeno 100 ragazzine siano state vittime della clinica dei coniugi Attar, ma per via della natura segreta della pratica è difficile reperire prove. La mutilazione genitale femminile è la rimozione, spesso dolorosa, di parti degli organi genitali delle donne, spesso bambine, per i più svariati scopi, tra cui la falsa credenza che abbia dei benefici per la salute o che possa inibire la sessualità femminile. Secondo l’Unicef almeno 200 milioni di donne nel mondo oggi hanno subito questa pratica, principalmente in Africa e nei paesi islamici dell’Asia, con la Somalia al primo posto.
Edoardo Pasolini
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