Roma, 25 apr – Emmanuel Macron è stato rieletto presidente di Francia. Tutti contenti, sulla carta. A Bruxelles tirano un sospirone di sollievo (pericolo sovranista scampato, dicono) e tutti i leader mondiali si congratulano, come da copione diplomatico. Sorvolando sui cinguetti insignificanti di Letta e Draghi, spuntano le felicitazioni social di Joe Biden e quelle più rituali di Vladimir Putin, via telegramma.
Felicitazioni, monsieur Macron
“Congratulazioni a Emmanuel Macron per la sua rielezione. La Francia è il nostro più vecchio alleato e un partner chiave nell’affrontare le sfide globali. Non vedo l’ora di continuare la nostra stretta cooperazione – anche per sostenere l’Ucraina, difendere la democrazia e contrastare il cambiamento climatico”, ha scritto il presidente degli Stati Uniti su Twitter. “Ti auguro sinceramente successo nella tua attività di statista, buona salute e benessere”, si legge nel messaggio inviato a Macron dal presidente russo. Cin cin anche di Zelensky, vedi mai che Russia e Ucraina trovino un punto di raccordo: “Congratulazioni a Emmanuel Macron, vero amico dell’Ucraina, per la sua rielezione! Gli auguro ulteriori successi per il bene del popolo francese”. E ancora: “Apprezzo il suo sostegno e sono convinto che stiamo andando avanti insieme verso nuove vittorie comuni. Verso un’Europa forte e unita!”, ha scritto il presidente ucraino. Festa mesta per tutti.
Macron vince, ma non stravince
I dati definitivi dello spoglio del secondo turno delle elezioni presidenziali ci mostrano una vittoria di Macron indiscutibile ma non schiacciante. Il presidente francese ha infatti ottenuto 18,7 milioni di voti, pari al 58,55% di quelli espressi. I voti raccolti da Marine Le Pen sono stati invece 13,3 milioni: 41,45%. Mai così tanti in Francia per una candidata di quella che la grancassa mediatica usa definire “estrema destra”. Un aspetto, quest’ultimo, rimarcato più o meno da tutti i giornali. Poco conta nell’immediato, perché chi vince regna (soprattutto in Francia). Non fosse che archiviata la battaglia per le presidenziali, si apre subito quella per le elezioni legislative che si terranno a metà giugno. Sono in ballo 577 deputati per la sedicesima legislatura transalpina e gli equilibri a Parigi potrebbero pure variare, almeno in parte.
Cosa cambia per l’Europa (e per l’Ucraina)
Resettiamo tutto. Breve incipit: Macron non ci piace, non ci convince, non ci suscita alcuna simpatia, non ha la nostra visione del mondo. Voltiamo la carta: adesso Macron, dopo due settimane di campagna elettorale piuttosto sottotono, potrà tornare a concentrarsi sul dossier Ucraina. E qui inizia la vera partita, anche per l’Europa. Perché nonostante le accuse di “filorussismo” rivolte alla Le Pen, funzionali alla sconfitta dell’avversario e nulla più, il presidente francese è l’unico leader europeo a non aver abbandonato del tutto il filo del dialogo con Putin. Le quotidiane telefonate con il suo omologo di Mosca, che hanno generato tanta superflua ironia, testimoniano il ruolo che Parigi pretende di ritagliarsi. Esattamente come la presa di distanza dalle sparate di Biden. Poca cosa, si dirà, considerati i risultati ottenuti sinora.
Epperò c’è un però: la Francia si pensa Europa perché ritiene di poterla guidare, di esserne timone e timoniere. Non la insegue, non tenta di accreditarsi tra i burocrati di Bruxelles che viceversa sono costretti a lisciarla. C’è in questo una sostanziale differenza con quanto accade nella politica italiana, intenta a sgomitare per ottenere striminziti benestare Ue. Sarebbe cambiato qualcosa se avesse vinto la Le Pen? Può darsi, ma forse non troppo e in ogni caso poco conta visto il risultato di ieri. Il dato di fatto sostanziale è che la Francia si percepisce dominante, l’Italia come quasi tutti gli altri Paesi Ue si sente (e purtroppo è) dominata.
La palla infuocata del dossier Ucraina, in sede di arbitrato europeo, è quindi in mano a Parigi. Più che a Berlino – altro attore cruciale in potenza – se consideriamo la dipendenza tedesca dal gas russo. Se Macron riuscirà a giocarla bene non lo sappiamo, ma può calciarla senza troppo ascoltare le sirene di Washington. E’ un rigore della speranza, tuttavia non abbiamo molte altre possibilità.
Eugenio Palazzini
1 commento
Ma non avete il dubbio che sono gli anglo-francesi e i franco-tedeschi che tengono in piedi un carrozzone galletto, sempre comodo, ma sempre perdente? Chi, fratello, sottovaluta i latini fa il galletto ma niente di più. Come galletto Macron, è stato ineccepibile da subito per chi comprende un minimo di politica.
Alla Le Pen è mancato di tutto e di più.