L’amministrazione Obama nel frattempo continua a sostenere pubblicamente l’ipotesi di un accordo di pace, ma nei fatti contribuisce militarmente alla campagna di bombardamenti aerei della coalizione guidata da Riyad. Il conflitto in Yemen si è inasprito nell’ultima settimana a seguito del bombardamento della coalizione saudita nella capitale Sana’a. Il raid aereo, avvenuto lo scorso fine settimana, ha colpito l’edificio dove era in corso il funerale del padre del ministro dell’interno del governo dei ribelli houthi, Jalal al Ruwaishan. Durante la cerimonia funebre erano presenti circa duemila persone, l’attacco ha causato 155 morti, tra cui il sindaco della capitale Abdel Qader Hilal, e più di 500 feriti. L’obiettivo dei sauditi era quello di decapitare i piani alti di comando dei ribelli houthi. In risposta alla strage di Sana’a nei giorni scorsi due missili sono stati lanciati dalle zone sotto il controllo dei ribelli houthi contro il cacciatorpediniere Uss Mason, che si trovava in navigazione davanti la costa yemenita nelo stretto di Bab el Mandeb. L’attacco non aveva causato alcun danno perchè i missili erano finiti in mare, gli stessi houthi hanno negato ogni coinvolgimento nell’episodio.
Nella serata di ieri a rendere ancora più tesa la situazione è la notizia, diramata dalle agenzia stampa iraniane, che l’Iran invierà la Flottiglia 43 in pattugliamento armato al largo dello Yemen ufficialmente “per proteggere le navi commerciali e le petroliere dalla minaccia dai pirati”. Teheran con l’invio della fregata Alvand e dell’unità di supporto logistico Busher, nonostante la motivazione ufficiale, intensifica la presenza navale nel tratto che va dal Mar Rosso allo stretto di Hormuz in risposta all’intervento militare statunitense in Yemen.
Guido Bruno
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