Roma, 30 apr – Se esistesse una facoltà di fuffologia a Giuseppe Conte potrebbero regalare la laurea senza fargli sostenere esami. Il premier ha una capacità più unica che rara di rendere fumoso qualunque suo discorso, costringendo i cittadini ad affannarsi in esegesi individuali e inevitabilmente improbe. Prova ne è l’informativa alla Camera, in cui tutti hanno capito soltanto che il governo impone al popolo diktat di esperti scelti dal governo per governare al posto del governo. Ma Conte non ha fatto attendere neppure una sparata che supponiamo obblighi Palazzo Chigi a fornire delucidazioni come già successo dopo l’ormai celebre sostantivo “congiunti”. “Occorrerà valutare la possibile riapertura, in modalità sperimentale, di nidi e scuole dell’infanzia – ha dichiarato il primo ministro – oltre ai centri estivi e ad altre attività ludiche ed educative destinate ai nostri bambini”.
Forse, vediamo, valutiamo
“Occorrerà valutare”. Dunque il governo non lo ha ancora valutato ma annuncia che dovrà farlo, senza dirci quando. Ma intanto Conte la butta là, generando inevitabilmente confusione. Queste strutture riaprono o non riaprono? E se riaprono, quando riaprono? Sempre attento a trattare gli italiani come fanciulli immaturi, ma che rischiano di osare repentini scatti adolescenziali, il premier ci spiega che in effetti forse Babbo Natale non esiste. Ma è ancora presto per rivelarcelo. “Non possiamo ignorare – ha precisato Conte – che per molti bambini il pasto nelle mense scolastiche è, di norma, il più completo della giornata; oppure, ancora, che in molte famiglie mancano strumenti informatici adeguati per consentire ai figli di poter continuare a studiare anche a distanza, particolarmente in alcune aree del Paese. Al contempo, se le mura domestiche sono per molti ragazzi un luogo di amore e conforto, per altri esse possono peggiorare situazioni già a rischio, rispetto alle quali la frequenza scolastica è un potente presidio di inclusione”.
La carica delle task force
E quindi che si fa? Non si sa, intanto Conte scopre l’acqua calda e ce lo dice. Manca solo un’interiezione, magari un’Eureka alla Archimede per dare più enfasi alla genialata. D’altronde lo stesso premier, nell’informativa alla Camera, ha provato pure a spiegarci perché non riesce a prendere una decisione che sia una senza rimettersi alle centinaia di esperti che compongono le task force chiamate in causa dal governo. “La filosofia antica, da Platone ad Aristotele, distingueva la doxa, intesa come l’opinione, la credenza alimentata dalla conoscenza sensibile, dall’epistème, la conoscenza che invece ha saldi basi scientifiche”, ha detto Conte. Ora, potremmo tranquillamente fare le pulci riproponendo la vexata quaestio tra parmenidei e sofisti su opinione e verità, il problema è che ci sfugge quale sia la convinzione del premier. Anzi, il vero problema è che sa di non saperlo neppure lui. Ma non è Socrate.
Eugenio Palazzini