Roma, 24 mag – Tra lo sventolare delle bandiere arcobaleno, lo svolazzare dei fazzoletti viola, l’esibizione delle agendine rosse, le bandiere di mezzo mondo, vieni rapito dall’essere altro e non ti accorgi della loro assenza. Tra le tute bianche prima, i black block poi, e i migranti, e i gay pride, non le vedi e non ci pensi; distratto da bombe carta e fumogeni, cassonetti incendiati e vetrine infrante, spray e piume e pailette e bonghi e tanto altro ancora. Eccetto loro.
Quando ascolti i leader politici di ogni schieramento, frastornato da accuse e minacce, vedi ovunque pseudo nazisti e derive populiste e ti rendi conto che anche Berlusconi si è dimenticato della loro esistenza. Poi osservi Grillo e Renzi litigarsi Berlinguer, non certo come fosse il corpo di Ettore sotto le porte Scee ma come una pezza contesa tra cani, un gioco delle parti che alimenta le opposte fazioni e rimuove l’essenza delle cose, e così, anche con Berlinguer nel mezzo, a loro proprio non ci pensi.
E anche chi avrebbe dovuto difenderle e preservarle, anzi, soprattutto chi aveva assunto questo ruolo, oggi come ieri guarda a est ma non riesce più a individuare i riferimenti di un tempo. E dalla Serbia all’Ungheria, risalendo l’Ucraina e poi la grande madre Russia, fino a Mosca, dentro le stanze del Cremlino, scorge solo Patria e nazionalismo e allora è costretto a volgere lo sguardo ancora più a sud, fino alla Grecia, per trovare qualcosa o qualcuno in cui specchiarsi. Finisce dunque per importare un nome impronunciabile ai più, gli intitola una lista e getta nel personalismo della politica contemporanea oltre un secolo di storia.
Nessuno offre risposte, perché nessuno avanza domande. Nessuno ha un punto interrogativo per questa faccenda, almeno fino a domani, forse. Quando gli anziani dei villaggi, almeno loro, che sono legati alle tradizioni e non danno tanto ascolto alla tv, che non navigano in rete e il giornale lo sfogliano velocemente al circolo o al bar; almeno loro, dunque, domattina si alzeranno di buon’ora, tireranno fuori dal cassetto la tessera elettorale, si recheranno al seggio, poi in cabina, inforcheranno gli occhiali e apriranno la scheda. La osserveranno in lungo e in largo, simbolo dopo simbolo, e solo allora si ricorderanno di loro: la falce e il martello, che dal 1946, per la prima volta, non faranno parte della storia politica italiana.
Francesco Pezzuto