Roma, 16 gen – La querelle Lega Nord-Kyenge ha tutta l’aria di essere la solita commedia in cui tutti se ne dicono di tutti i colori salvo poi trovare ognuno il proprio tornaconto nella bagarre stessa. Non che il ministro e i leghisti si siano messi d’accordo a tavolino per una finta lite, per carità, è solo che, a conti fatti, l’ennesima emergenza razzista conviene a entrambi. La Kyenge, infatti, può riemergere dall’anonimato in cui era piombata causa manifesta nullità politica e, agitando lo spettro dell’orda xenofoba, spacciare il suo inutile ministero come necessario. I leghisti, dal canto loro, sfruttano il momento propizio dopo l’autogol di Grillo sul reato di clandestinità per ritrovare quell’aura politicamente scorretta e populista di un tempo, cercando di riconquistare le posizioni a suo tempo rosicchiate loro dal M5S.
Va da sé che “la Padania” ha tutto il diritto di pubblicare l’agenda del ministro, peraltro già pubblica, con un intento che non è affatto di “schedatura”, come è stato detto, ma ha piuttosto una funzione anti-casta: confrontare le attività sul territorio dei politici leghisti con gli inutili happening buonisti del ministro “pagato da tutti noi”. Un po’ qualunquista, ma ci sta.La libertà si espressione è (o dovrebbe essere) sacrosanta. Il punto, però, non è questo, quanto l’aspetto essenzialmente strumentale e fittizio della polemica anti-immigrazionista della Lega.
La stessa legge Bossi-Fini, grazie all’aura sulfurea che ormai la circonda, sembra quasi affascinante quando invece si tratta di un mediocre testo all’amatriciana, con falle e contraddizioni palesi. La legge esprime infatti una concezione puramente economicistica del fenomeno immigratorio, con tanto di rompicapo logici come il concetto per cui per avere il permesso di soggiorno serve un contratto e per avere un contratto serve un permesso di soggiorno. Il testo, inoltre, non affronta alcuni dei nodi principali della questione, come la riforma del diritto d’asilo, che oggi è il vero modo per aggirare ogni barriera, né ha trovato un modo per rendere effettive le espulsioni dei clandestini, che infatti nel 90% dei casi non vengono accompagnati alle frontiere.
Globalmente, al di là delle intenzioni roboanti, i risultati raggiunti sono mediocri quando non del tutto negativi.
“Il punto chiave di regolazione annuale degli ingressi, il cosiddetto decreto flussi, non è stato modificato – scriveva nel 2012 sul “Fatto quotidiano” Andrea Stuppini, rappresentante delle Regioni nel Comitato tecnico nazionale sull’immigrazione – anzi è stato fatto funzionare generosamente. Gli allargamenti dell’Unione Europea, soprattutto l’ingresso della Romania nel 2007, hanno fatto il resto. Da quando, nel 1998, è stato istituito il decreto flussi, i governi che si sono succeduti fino a oggi hanno programmato annualmente ingressi per lavoro stagionale, per lavoro autonomo e subordinato e hanno effettuato tre sanatorie”. Risultato: “Nei quattordici anni di vigenza della normativa significano oltre tre milioni di autorizzazioni di ingresso suddivise in più di 750mila stagionali, in 1 milione e 350 mila quote di ingresso per lavoro autonomo e subordinato e 1 milione e 150 mila frutto delle tre regolarizzazioni del periodo. Anche escludendo gli stagionali si tratta dei numeri più elevati all’interno dell’Unione Europea. Forse non tutti sanno che i governi di centrodestra hanno promosso l’ingresso del 72 per cento dei lavoratori stagionali (coerentemente con la logica dell’immigrazione circolare) ma anche del 62 per cento delle altre due tipologie, teoricamente conformi a una immigrazione più stanziale. Coloro che hanno denunciato ‘l’invasione’ delle case popolari, degli ospedali e delle scuole pubbliche sono gli stessi che hanno allargato la valvola dei flussi di ingresso”.
Del resto i leghisti sembrano avere le idee confuse su molte delle questioni relative all’immigrazione. Pensiamo allo ius soli e alle illuminanti parole del governatore del Veneto, Luca Zaia, che qualche mese fa dichiarò: “Sollevo il tema dei bambini che sono nati qui e vanno a scuola qui sui quali un ragionamento al di là dello ius soli debba essere fatto anche perché spesso parlano il dialetto quasi meglio di me. Sono bambini che in molti casi hanno identità veneta e non quella del Paese d’origine della loro famiglia, cosa che è accaduta spesso ai nostri emigranti”.
Una certa confusione si nota anche nelle relazioni internazionali, fondamentali per regolare l’intero fenomeno immigratorio (la ratio della stessa Bossi-Fini è quella di basarsi sugli accordi bilaterali fra il paese di destinazione e i paesi di partenza). Ebbene, la Lega, in questi anni, ha spesso mostrato un sovranismo a fasi alterne, con non pochi scivoloni, come quello di Tosi sulla Siria per cui “è vergognoso che non si sia intervenuti fino ad adesso, perché si sa perfettamente che lì da mesi c’è un dittatore che massacra la popolazione, ma nessuno interveniva perché la Siria di petrolio né ha poco e quindi non interessava a nessuno”. Eh già, per combattere l’immigrazione non c’è niente di meglio che trasformare un altro Paese sull’altra sponda del Mediterraneo in una zona senza legge, preda di tagliagole, predoni, scafisti e violentatori.
Insomma, tanto è il caos sotto il cielo leghista. E non basteranno gli strepiti del duo Kyenge-Boldrini per trasformare Salvini & Co. in un vero partito antisistema.
Giorgio Nigra
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