Roma, 23 feb – La commissione Affari costituzionali del Senato boccia l’emendamento leghista a favore del terzo mandato per i presidenti di regione. La maggioranza si presenta divisa, ma ancora peggio riesce a fare il Partito democratico che si spacca in due e con l’ala del governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che accusa: “Non si è salvaguardata l’unità del partito”.
Il voto sul terzo mandato
Niente ribaltoni, il voto sul terzo mandato per i presidenti di regione è andato come previsto: Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno affossato il provvedimento, mentre la Lega ha votato a favore. Fuori dalla maggioranza anche Partito democratico, Movimento 5 Stelle, e Alleanza Verdi e Sinistra, hanno voto contro. Favorevole invece Italia viva, mentre Azione non ha partecipato al voto. Il risultato è stato quindi di 16 voti contrari e 4 a favore. Nonostante la battuta di arresto la Lega sembra prenderla con filosofia e non voler mettere in discussione gli equilibri della maggioranza. Il leader del Carroccio Matteo Salvini vorrebbe portare lo stesso l’emendamento al voto in parlamento e chiosa: “Se passa bene, altrimenti amen”. Mentre il presidente del Veneto Luca Zaia, di certo il governatore leghista più interessato alla cosa, afferma: “Natura non facit saltus”; e spiega: “Prendo atto del voto, la strada è ancora molto lunga”.
Il caos nel Partito democratico
Nonostante le rassicurazioni, la questione del terzo mandato rappresenta un vulnus per la maggioranza. Un’occasione, però, non adeguatamente sfruttata dall’opposizione. Anzi, a uscirne ancora più malridotto e spaccato internamente sembra essere il Pd di Elly Schlein. Dall’area che fa riferimento a Bonaccini arrivano voci di “forte disappunto per il voto”. In discussione ci sarebbe la stessa tenuta del partito: “Non è stato rispettato l’accordo preso in direzione e non si è salvaguardata l’unità del partito”. Oltre alla delusione degli esponenti Pd che amministrano il territorio: “Ci sarà da gestire il malcontento di sindaci e presidenti di Regione, e dopo il voto in Sardegna, se ne discuterà”. In altre parole, il terzo mandato avrebbe favorito la fitta schiera di amministratori dem, un vantaggio che però è stato immolato in nome del cosiddetto “campo largo”, uniformandosi al voto dei Cinque stelle.
Michele Iozzino