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Premierato, per Meloni “occasione storica”: perché ha ragione (nonostante la debolezza della riforma)

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Meloni Ue

Roma, 23 feb – Il premierato per Giorgia Meloni è una “occasione storica”. Il premier lo ha dichiarato, intervistata durante la trasmissione Porta a Porta, e difendendo la riforma da lei promossa insieme alla maggioranza.

Premierato occasione storica per Meloni

Come riporta Il Secolo d’Italia, sul premierato Meloni non si nasconde troppo. “Quando la riforma del premierato arriverà al referendum, e arriverà al referendum perché la stanno osteggiando perché la temono, avremo un’occasione storica”, dice. Poi aggiunge: “Diranno  che è un referendum sul governo, ma non è sul governo è su quello che succede dopo. Non la sto facendo per noi, perché il governo durerà cinque anni, ma perché se non la facciamo noi oggi non la farà nessuno”. Ed è su “quello che succede dopo” che si deve riflettere.

Perché il presidente del Consiglio ha ragione

Chi scrive non è stato certamente tenero con questo governo, ma prova sempre a guardare ai fatti con la maggiore lucidità possibile. Nonostante la debolezza della riforma stessa (come di tutte quelle che, progressivamente, sono state proposte dal rifiuto del premierato di Berlusconi nel 2006), occorre sottolineare il fatto che, alla peggio, essa cambierebbe molto poco o nulla, ma di sicuro non peggiorerebbe la situazione ingabugliatissima delle istituzioni italiane. Un premier votato direttamente dal popolo però, se non altro, sposta un minimo di attenzione culturale e di “peso” rappresentativo sul governo, rendendo quanto meno più concepibile la sua stabilità, annoso problema della Repubblica sin dalla sua fondazione.

Tecnicamente, purtroppo, non ci sono maggiori poteri all’esecutivo e nessuna distribuzione delle responsabilità viene cambiata realmente. Ma qualche piccolo passettino verso una gerarchia quanto meno “filosofica” – elettiva e pienamente consensuale, ovviamente – c’è. In particolare, potrebbe dare una grossa mano l’approccio restrittivo alla nomina dell’eventuale secondo premier da parte del presidente della Repubblica in caso di caduta del governo, dapprima generalizzata, adesso se non altro limitata solo ai casi di “malattia o decadenza”, il che si potrebbe tradurre in possibilità molto più ristrette di “nomine dall’alto” e in una maggiore propensione a far durare i governi dalle parti in causa. Non è il massimo, ma nessuna proposta lo è stata dal 2006. Ma è sicuramente qualcosa e soprattutto deve essere considerata un punto di partenza per ulteriori riforme future. Va, insomma, intesa come un processo iniziale. Sperando che – questa volta, finalmente – la questione si sblocchi per la prima volta in 74 anni.

Stelio Fergola

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