Roma, 29 apr – Da tempo non vi sono più dubbi riguardo all’esistenza di un doppio standard di censura tenuto dai giganti della tecnologia informatica nei confronti dei contenuti “di sinistra” da una parte e di quelli “di destra” dall’altra, ma a volte capita qualcosa che lo sottolinea in maniera talmente brusca ed eclatante da sembrare quasi fatto apposta per sottolineare quanto la propaganda “democratica” abbia il coltello dalla parte del manico, e non si vergogni affatto ad usarlo.
L’ultimo esempio lampante è stato diffuso dal comico politicamente scorretto Owen Benjamin, il cui account Twitter era già stato sospeso all’inizio di questo mese a causa delle sue posizioni politiche “controverse” (alla lettera: “non allineate con quelle ritenute auspicabili dai media democratici”) in merito al controllo delle armi e agli attivisti di questa causa. Questa volta Benjamin ha provato l’esperienza dei “due pesi e due misure” anche con Facebook. Dopo aver segnalato per incitamento all’odio una pagina dall’eloquente titolo “Uccidi Trump, Impiccalo, Dagli la caccia” presente sul social network, Benjamin ha ricevuto il benservito con la risposta di Facebook che – dopo averlo ringraziato per la segnalazione – ha rifiutato di rimuovere la pagina perché la stessa non viola apparentemente i contenuti della comunità creata da Mark Zuckerberg. Eppure lo stesso social network è di manica molto larga nel bloccare qualunque pagina segnalata che critichi l’immigrazione, il femminismo o la sinistra in generale… come mai?
Nelle ultime settimane, a causa dello scandalo di Cambridge Analytica, Zuckerberg si è trovato suo malgrado sotto i riflettori delle inchieste del Congresso statunitense ma, all’esplicita domanda del senatore repubblicano Ted Cruz in merito proprio all’evidente censura unilaterale messa in atto da Facebook, ha naturalmente negato ogni accusa. Anche il membro del Congresso Steve Scalise ha anche chiesto al fondatore del social network “blu” un cambiamento dell’algoritmo introdotto a febbraio sulla piattaforma, con dati alla mano che certificano una media del 14% di traffico in meno per i siti “conservatori” (con picchi del 75% per alcune pagine in particolare) e dall’altra parte mostrano i siti “democratici” non colpiti da alcuna diminuzione, ma le sue richieste sembrano essere cadute nel vuoto.
Come Facebook, o il già citato Twitter, anche Youtube o Google da tempo eliminano profili, pagine e contenuti di destra, senza nemmeno tentare di nascondere la propria indiscutibile partigianeria: uno show off di potere che senza dubbio, ormai, sembra celare qualcos’altro. Forse una paura serpeggiante che le cose rischino di cambiare?
Alice Battaglia
La censura sui social? C'è, ma colpisce solo a destra
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