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Il colpo di grazia di Conte a bar e ristoranti. “Così chiuderemo tutti”

by Adolfo Spezzaferro
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Roma, 27 ott – Il coprifuoco alle 18 imposto dal premier Giuseppe Conte non colpisce il virus ma (tra gli altri) i ristoratori, che rischiano di non rialzarsi più. Lo stop alle 18 per le consumazioni in bar, pizzerie e ristoranti per cercare di contenere i contagi è “il colpo decisivo a un settore che così morirà“, è l’allarme lanciato da Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio. Questo quando il settore della ristorazione “ha colto da subito l’importanza della sicurezza della salute, nostra e dei nostri clienti”. E invece il governo giallofucsia che fa? Chiude tutto. “Siamo un paziente in terapia intensiva cui il governo ha deciso di staccare la spina“, fa presente Cursano, interpellato dall’Agi, mentre monta la protesta nelle piazze per un Dpcm che mette in ginocchio l’economia.

La Fipe punta il dito contro il governo

Il numero due della Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi, che riunisce oltre 300 mila aziende in tutta Italia, con più di un milione e 200mila addetti, non ci sta a prendersi la colpa e punta il dito contro il governo giallofucsia. “Si continua a scaricare la responsabilità sulle nostre imprese per coprire le proprie responsabilità e questo non è più accettabile. Ci sono stati imposti dei protocolli di sicurezza ristrettissimi e nonostante la grande difficoltà noi ci siamo indebitati per rimettere al centro la sicurezza nei nostri luoghi: distanziamenti, barriere, processi lavorativi, formazione del personale. E poi arrivano decreti come questo, che servono a coprire chi in questi otto mesi avrebbe dovuto salvaguardare e mettere in sicurezza il Paese e invece non lo ha fatto“, è l’accusa contro l’esecutivo.

Perse già 50 mila imprese, a rischio 350 mila posti di lavoro

L’imprenditore, che è anche presidente di Fipe-Confcommercio Toscana, spiega che “abbiamo perso già 50 mila imprese per effetto di questa crisi. Abbiamo già a rischio 350 mila posti di lavoro. Abbiamo chiesto una mano e riceviamo uno schiaffo. Ecco perché – fa presente – siamo profondamente amareggiati. Perché noi riteniamo di essere una risorsa per il Paese: siamo luoghi sicuri e possiamo rispondere in sicurezza alla domanda di socialità, senza abbassare la guardia e con tutta quella responsabilità che compete a noi tutti in questo momento di grande emergenza”. Cursano non si fida più di Conte: “Annuncia cose e fa promesse che poi non mantiene. Ci promettono un bicchier d’acqua da bere oggi e poi ce lo danno, forse, fra 3 o 6 mesi – è la metafora che usa – ma quando quell’acqua arriva servirà per l’estrema unzione, perché noi saremo già morti. E ripeto, è una questione di rispetto, di dignità e di professionalità”.

“La nostra è una morte annunciata, nessuno ci ha ascoltato”

Morte annunciata” peraltro, perché “noi è da questa estate che cerchiamo di allertare sul trasporto pubblico, sulla necessità di diversificare l’entrata e le uscite dalle scuole e dai luoghi di lavoro. Ma nessuno ci ha ascoltato“. “Ecco perché ci dispiace e siamo tanto amareggiati – dice ancora – perché al posto di combattere il virus è come se si stia combattendo contro il nostro comparto, contro i nostri luoghi della socialità. Per questo, ripeto, ci sentiamo in qualche modo feriti e giudicati, perché c’è qualcuno che sta considerando le nostre imprese superflue e le sta lasciando pian piano morire”.

Domani la protesta in piazza in tutti i capoluoghi di regione

La Fipe quindi annuncia la protesta: appuntamento per domani alle 11.30 nelle piazze di tutti i capoluoghi di regione. “L’ultimo Dpcm del governo ha decretato la nostra morte – dice Cursano – per questo mercoledì manifesteremo, in un modo responsabile e composto così come responsabili e attenti alla sicurezza siamo nelle nostre sale, apparecchiando in terra perché ‘a terra siamo’”. “Le persone hanno il diritto di salvaguardare la proprio vita e quella delle nuove famiglie, perché c’è chi ha la sicurezza dello stipendio a fine mese, mentre noi viviamo o moriamo di lavoro. Le parole non bastano più – avverte l’imprenditore -, il nostro settore è in terapia intensiva e con questo ultimo decreto hanno deciso di staccarci la spina invece di darci l’ossigeno. Noi non possiamo accettare di morire senza difenderci“.

Perdite per 2,7 miliardi di euro al mese

Le perdite causate dalla stretta sono terribili. Il coprifuoco che resterà in vigore almeno fino al 24 novembre costerà alle imprese della ristorazione “almeno 2,7 miliardi di euro al mese” che si aggiungono “ai 30 miliardi già persi fino a questo momento“. “Se consideriamo che il nostro è un comparto da 90 miliardi l’anno, si comprende l’impatto devastante che il decreto avrà sull’occupazione nel nostro settore, sulle famiglie, sui giovani”, sottolinea l’imprenditore. “La pandemia sanitaria è diventata sociale ed economica – fa presente – i sacrifici si fanno e devono essere fatti. Ma non si capisce perché a pagare siamo sempre noi, mentre la grande distribuzione e i supermercati, per fare un esempio, possono operare e noi dobbiamo essere considerarti untori. Non è accettabile. Anche perché la sicurezza nei nostri locali l’abbiamo sempre garantita”.

Adolfo Spezzaferro

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