Roma, 19 mar – Cosa c’è che non va, nel rinnovato protagonismo mediatico degli ex brigatisti in occasione del quarantennale del rapimento di Aldo Moro? No, l’elemento che stride non è nel fatto che si dia spazio ai carnefici piuttosto che alle vittime, come vuole un refrain qualunquista. Giornalisticamente, storicamente e culturalmente, infatti, il protagonista della cronaca, nel bene o nel male, è sempre più interessante di chi la subisce, si tratti di un mafioso, di uno jihadista, di un serial killer o di un militante della lotta armata (senza peraltro voler fare un’equivalenza fra queste categorie). Sono persone che hanno molto da dire, laddove i parenti delle vittime possono esprimere solo sentimenti privati la cui rilevanza sociale è molto limitata. Il moralismo sulla tv che deve mandare in onda solo cose edificanti e buoni sentimenti, anziché raccontare la realtà, è una fisima piccolo borghese che partorisce Festival di Sanremo.
Tutto bene, allora? Non proprio. Perché se non c’è nessun problema a far parlare i “cattivi”, appare invece assai problematico il modo in cui ci si parla, cosa si chiede loro, come si contestualizza il dialogo. Non si può risolvere tutto con le domande trite e ritrite su “cosa ha da dire ai parenti delle persone che ha ucciso?” e altre simili questioni da pretino di campagna. Tanto per cominciare, si potrebbero porre gli ex brigatisti di fronte agli aspetti tuttora poco chiari della loro azione più celebre. Che sono meno di quanto non ritengano i pistaroli paranoici che da anni ci ammorbano con versioni tutte loro sul caso Moro, ma comunque esistono. Uno di questi riguarda la famosa “seduta spiritica”, ma in questo caso non bisognerebbe chiederne conto ai brigatisti, bensì a personaggi del calibro di Prodi. Qualcuno ha almeno provato a farlo? Viene considerato normale che una delle personalità politiche più influenti del Paese sia stata protagonista della “magica” apparizione di un frammento clamoroso di verità sul covo delle Br?
Agli ex combattenti rossi, invece, si potrebbe chiedere di un’altra questione. Ad esempio della continuità tra lotta partigiana e brigatismo, e poi tra questo e antifascismo militante odierno. Il passaggio di testimone morale e materiale fra i vecchi esponenti della “resistenza tradita” è noto, anche se si preferisce non ricordarselo. La discussa conferenza di Barbara Balzerani è avvenuta in un centro sociale fiorentino, in rete si trovano interviste a Prospero Gallinari realizzate dai torinesi di Askatasuna. Beninteso, ognuno fa le conferenze che vuole, dove vuole. Ma non si può far finta di non vedere il dato politico che c’è dietro a questo filo rosso.
Qualcuno vi ha mai indagato su? Ci sono delle inchieste in merito? Il giornalismo coraggioso e controcorrente si deve occupare solo del pericolosissimo network economico dei neofascisti (un ristorante, un bar e una marca di magliette) o forse anche questi legami meritano dell’attenzione? Certo, la narrazione edificante sull’antifascismo come colonna vertebrale della Repubblica in termini di legalità, rispettabilità e buoni sentimenti potrebbe risultarne scossa, qualora si dimostrasse che l’antifascismo è stato anche questo, è anche questo, ma il mestiere dei giornalisti è (o dovrebbe) essere anche quello di fare domande scomode. Ed è questo quello che conta, alla fin fine: non a chi fai le domande, ma quali domande fai.
Adriano Scianca
Ecco cosa c'è di veramente sbagliato nelle interviste agli ex brigatisti
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2 comments
…..la ”seduta spiritica”….i testimoni furono ascoltati….ma gli andò bene la storiella…….tutto finito in ”cavalleria”…
La brigatista comunista , infame e lurida,nonché assassina che appare in foto è una delle tante vergogne di questo paese indegno e infame a guida piddina, dove i carnefici e i delinquenti fanno la bella vita negli hotel a quattro stelle…….. dovrebbe stare nelle stalle a pulire lo sterco, sin troppo profumato per gente come questa , che ,dato che si considerava in guerra,doveva essere giudicata con leggi speciali che implicassero punizioni speciali……..in quanto alla razza pavida e collusa dei giornalisti possiamo gettare un velo rosso piddino nel 95% dei casi,tanto oramai tutti ci raccontano la stessa favolina del rigurgito fascista……. Sapessero quanto fa schifo la loro puzza comunista.