Roma, 1 mar — Sono passati i bei tempi della gogna social e della mostrificazione di chi osava avanzare pochi, tenui dubbi sull’origine zoonotica del coronavirus sollevando la questione dell’incidente di laboratorio: ora persino l’Fbi ritiene «molto probabile» che il Covid-19 sia uscito da un laboratorio cinese.

Anche l’Fbi sostiene la tesi della fuga dal laboratorio 

A dichiararlo il capo dell’Fbi Christopher Wray, in un’intervista a Fox News riportata da AdnKronos: «l’Fbi da tempo ritiene che le origini della pandemia sono molto probabilmente legate a un incidente di laboratorio a Wuhan». Non è la prima volta che i feds sostengono tale tesi: già nel 2021 due fonti del bureau citate da Cnn avevano detto di «essere abbastanza convinte» che il «virus cinese», come lo chiamava Trump, si fosse propagato per un errore di laboratorio. Wray non ha perso l’occasione per accusare Pechino: «Il governo cinese, a mio parere, ha fatto del suo meglio per ostacolare e confondere il lavoro che stiamo facendo, e questo è spiacevole per tutti».

La polemica dentro e fuori gli States

Non c’è dubbio che le dichiarazioni siano destinate a innescare una polemica che da scientifica diventerà geopolitica, anche alla luce delle non banali tensioni che stanno da mesi punteggiando i rapporti tra Usa e Cina. La riapertura del dibattito sul lab-leak — cioè sulla natura artificiale del Covid-19 — ha anche ingenerato una polemica di politica interna agli Usa, con i repubblicani, da sempre sostenitori della tesi, che incalzano l’amministrazione dem e che da settimana prossima avvieranno una indagine parlamentare alla Camera proprio sulla presunta origine di laboratorio del Covid.

D’altronde il capo dell’Fbi non ci è andato particolarmente leggero, dichiarando che «stiamo parlando di un possibile incidente in un laboratorio controllato dal governo cinese che ha provocato la morte di milioni di americani». Lasciando poi un’aura di mistero, Wray ha precisato che molti degli esiti della indagine Fbi sono classificati, cioè segreti. Piuttosto curioso, in effetti, come dopo anni di accuse di complottismo mosse a Trump e alla destra, americana e non solo, che da subito hanno sostenuto la tesi della matrice artificiale del virus, ora siano i democratici a mutare opinione sposando le tesi della destra.

La replica di Pechino

Non poteva quindi mancare, in questo già incandescente clima, la dura replica di Pechino. «La Cina si oppone categoricamente a qualsiasi forma di manipolazione politica finalizzata a individuare l’origine del Covid. Il coinvolgimento dei servizi di intelligence in questioni scientifiche è di per sé una politicizzazione di questo problema», ha dichiarato Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese

Cristina Gauri 

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Classe 1977, nata nella città dei Mille e cresciuta ai piedi della Val Brembana, dell’identità orobica ha preso il meglio e il peggio. Ex musicista elettronica, ha passato metà della sua vita a fare cazzate negli ambienti malsani delle sottoculture, vera scuola di vita da cui è uscita con la consapevolezza che guarire dall’egemonia culturale della sinistra, soprattutto in ambito giovanile, è un dovere morale, e non cessa mai di ricordarlo quando scrive. Ha fatto uscire due dischi cacofonici e prima di diventare giornalista pubblicista è stata social media manager in tempi assai «pionieri» per un noto quotidiano sabaudo. Scrive di tutto quello che la fa arrabbiare, compresi i tic e le idiozie della sua stessa area politica.

1 commento

  1. Ma quale schiaffo a Pechino ? Tutto finanziato da Bill Gate a Wuhan. Tutto preparato in USA, prodotto a Wuhan con i soldi di Bill Gates.

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